La pesca
In pochi decenni, i pescherecci industriali hanno razziato e quasi distrutto le proprie zone di pesca. Queste flotte, invece di ridurre la capacità di pesca, cercano adesso di spostare il loro raggio di azione verso il Pacifico e l'Africa Occidentale. Piuttosto che risolvere i problemi a casa loro, le flotte dei pescherecci del Nord li spostano verso gli oceani del Sud, ancora relativamente in buona salute. Il futuro di questi oceani e delle comunità costiere che da essi dipendono è sempre più in balìa di pescatori senza scrupoli e di una crescente domanda di pesce su scala globale.
Circa il 90% degli stock ittici mondiali è già pienamente o eccessivamente sfruttato. Inoltre la quantità di pesce che la gente mangia continua ad aumentare: dal 1960 ad oggi il consumo pro capite di pesce è infatti quasi raddioppiato. Secondo molti biologi marini, proprio lo sfruttamento intensivo del patrimonio ittico è la minaccia più grande all'equilibrio degli ecosistemi marini.
La pesca danneggia gli ecosistemi sia quando è eccessiva sia quando è condotta con sistemi distruttivi. Molte tecniche di pesca sono tutt'altro che selettive: oltre alle specie bersaglio, vengono catturati - e poi gettati in mare morti o morenti - molte altre specie o esemplari giovani delle stesse specie bersaglio. La cattura accidentale di mammiferi, uccelli marini, tartarughe, squali e di molte altre specie è ancora uno dei principali problemi in molte zone del mondo.
Un altro grave problema è quello della pesca pirata: dagli oceani al nostro Mediterraneo la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (INN) – sta flagellando l’ecosistema marino.
Secondo Greenpeace l’unico modo di salvare il mare è quello di stabilire una rete di riserve marine, eliminare la pesca illegale e ridurre lo sforzo di pesca eliminando i metodi di pesca più distruttivi e dando priorità di accesso alle risorse della pesca a chi pesca nel modo più sostenibile.
All’inizio del 2014, con l’approvazione della nuova Politica Comune della Pesca (PCP), l’Unione Europea e gli Stati Membri, sotto le spinte di molte ONG tra le quali Greenpeace, si è impegnata a garantire la sostenibilità ambientale, economica e sociale della pesca in UE. Ciò significa che gli Stati Membri, e quindi anche l’Italia, sono chiamati a stabilire regole di gestione delle flotte che siano in equilibrio con le risorse che abbiamo a disposizione, garantendo il recupero delle specie sovrasfruttate ed un accesso equo e sostenibile alle risorse marine.
Firma anche tu per chiedere di eliminare la pesca eccessiva: In Nome Del Mare