News - 25 luglio, 2014
Dopo la bufera di ieri pomeriggio, con vento fino a 15 nodi e onde di due metri, il mare è calato tantissimo.
Ci ha regalato un paio d'ore di bolina, dritti verso Capraia, e poi calma piatta. La prua fendendo il mare brillava del verde che il plancton rilascia quando viene disturbato. Bellissimo.
Entrata nel canale tra Capraia e Capo Corso, la Concordia ha virato più volte per scansare le acque francesi. Nel pomeriggio, in quelle acque ci siamo “entrati” (cosa perfettamente legale) e un gruppo di vedette ci è venuto incontro: suppongo che i corsi ci abbiano preso per una imbarcazione del convoglio che scorta la Concordia. Ovviamente, quando hanno visto chi siamo (una barca a vela con le bandiere di Exodus, Greenpeace e Legambiente) sono rimasti un po’sorpresi e ci hanno lasciato perdere.
Nella notte, il convoglio della Concordia è filato via spedito: la velocità ha superato i 2,5 nodi e adesso (ore 10 del 25 luglio) siamo ormai a metà del viaggio. Dopo Capo Corso é mare aperto. Siamo nel cuore del Santuario dei cetacei e si vede: tante berte (tra cui almeno una rara berta minore) ci segnalano la presenza di “mangianza”. Piccoli pesci che attirano i predatori, ovviamente.
Infatti, poco dopo ne vediamo un gruppo ancor più numeroso di quello che abbiamo visto ieri. Sono sempre stenelle, ma almeno una quindicina. Arrivano di corsa e la prima salta girandosi, per guardarci meglio. Stanno più di mezz'ora intorno a noi. E allora decidiamo di lanciare il nostro piccolo drone: un multicottero a quattro eliche che, leggerissimo, riusciamo a lanciare (e a riprendere...) dal ponte della barca. Che non é una portaerei ma... il nostro “aquilone” è leggerissimo. L'ho lanciato e riafferrato “a mano”. Potenza della tecnologia.
Alessandro Giannì, direttore delle campagne Greenpeace Italia