Solo tre settimane fa vi abbiamo parlato degli incendi che stanno letteralmente divorando le “Foreste del Paradiso” indonesiane. Una bomba di anidride carbonica per tutto il Pianeta, un’emergenza durata mesi che, con il passare delle settimane, ha assunto sempre più i tratti del dramma ambientale e sanitario.

La densa cappa di cenere e fumo che ormai da diversi anni tra giugno e ottobre ricopre le città del Sud-est asiatico uccide ogni anno circa 110 mila persone. Una cifra impressionante, che quest’anno rischia di aumentare  per colpa del fenomeno di “El Niño”, che sta causando ulteriore siccità e sta ritardando la stagione delle piogge 

Se state pensando a fenomeni completamente naturali, però, vi sbagliate. La nube tossica che sta generando questa crisi è in buona parte causata dalla mano dell’uomo, da chi appicca incendi in torbiere e foreste per lasciar spazio alle coltivazioni di palma da olio, che si espandono senza controllo, minacciando l’ultimo rifugio di tigri e oranghi.

Quello che originariamente era solo un sospetto, nelle ultime ore è diventato una certezza. Come dimostrano le immagini che abbiamo raccolto solo qualche giorno fa, nuove piantagioni di palma da olio stanno prendendo il posto delle torbiere da poco distrutte dagli incendi divampati in prossimità di uno degli ultimi santuari degli oranghi.

Le domande che ci poniamo sono diverse: quanti sono gli incendi di origine dolosa? A chi appartiene davvero la terra che brucia da mesi? Chi sta piantando le palme da olio?

Al momento, però, non possiamo rispondere a questi interrogativi. Il governo indonesiano infatti si rifiuta di rendere pubbliche le mappe aggiornate con i siti di produzione di olio di palma autorizzati e con dati relativi alla perdita di copertura arborea e foreste primarie. Definire con esattezza il danno reale che questi incendi stanno provocando e fare chiarezza sulla legalità delle piantagioni di palma da olio è quindi per ora impossibile.

Al tempo stesso, è inaccettabile che si continui a sfruttare la devastazione causata dagli incendi, uno dei peggiori disastri che abbiano mai colpito il Paese, per continuare a sostituire foreste millenarie già in grave pericolo, con monocolture di palma da olio. Per questo, oltre a tutelare il patrimonio forestale ancora intatto, chiediamo al Presidente indonesiano Joko Widodo di  impegnarsi urgentemente per il ripristino delle foreste distrutte. Dobbiamo impedire che altre palme da olio prendano il posto di questi ecosistemi unici. 

Martina Borghi, campaigner Foreste Greenpeace Italia