Se camminando per strada ti accorgi che in un giardino c'è una tubazione da cui fuoriesce petrolio, che fai? Cercherai sicuramente di attirare l'attenzione per evitare un pesante danno ambientale. Se dopo che hai contattato tutte le autorità preposte, non succede nulla, ti sentirai sorpreso e un po' smarrito perché nessuno interviene, mentre davanti ai tuoi occhi il petrolio continua a scorrere indisturbato. A quel punto hai due possibilità: rimanere fermo a guardare il terreno che si copre di petrolio o intervenire in prima persona per fermare il disastro.

Il buon senso dice di intervenire, e così fai anche tu. Entri nella proprietà privata e fermi la dispersione in ambiente. A lavoro completato accade poi che le autorità pubbliche finalmente si muovono e il proprietario del giardino viene condannato, avendo volontariamente dato il via all'inquinamento.  Le persone che vivono nella zona adiacente ti sostengono e ti ringraziano per aver agito a difesa del territorio. La proprietà viene posta sotto sequestro per evitare che l'atto illegale venga ripetuto e comincia la conta dei danni.

Problema risolto? Non proprio, è solo l'inizio.

Nella realtà il giardino rappresenta due campi in Friuli e il petrolio è la coltivazione illegale di mais OGM della Monsanto (il MON810), il cui polline OGM si stava disseminando sull'area circostante, andando a contaminare coltivazioni convenzionali e ambiente.



Nel luglio del 2010, infatti, attivisti italiani, austriaci, tedeschi e ungheresi hanno messo in quarantena una coltivazione di mais OGM seminato illegalmente, tagliando, isolando e mettendo in sicurezza la parte superiore delle piante di mais transgenico, che produce il polline, responsabile della contaminazione su vasta scala.

Le autorità pubbliche, all'epoca, continuavano un girotondo inspiegabile, tergiversando e non agendo per bloccare la contaminazione. Abbiamo fatto richiesta a tutti gli Enti preposti, a cominciare da quelli regionali fino al Ministro dell'Agricoltura, passando addirittura dal Presidente della Repubblica, nella sua funzione di Garante delle norme e della loro applicazione. Di fronte alla totale inazione di tutti, siamo intervenuti direttamente.

I nostri attivisti sono entrati nel campo solo dopo aver eseguito la ricerca e l'identificazione delle coltivazioni illegali tramite campionamenti e analisi di laboratorio. Fino ad allora i due terreni coltivati a OGM erano stati tenuti segreti!

Dopo il nostro intervento, le autorità nazionali e regionali si sono finalmente mosse. I campi sono stati posti sotto sequestro, insieme all'azienda agricola, ed è stata ordinata la distruzione del mais transgenico. Il proprietario è stato condannato al pagamento di una sanzione di 30.000 euro e gli agricoltori confinanti erano felici che la contaminazione fosse terminata.

Nella primavera del 2011, inoltre, è stata approvata la nuova legge regionale che vieta espressamente la coltivazione di OGM. La denuncia per violazione di proprietà privata nei confronti della responsabile della campagna OGM di Greenpeace – che sarei io -  è stata archiviata e le accuse rigettate, dato che il Giudice ha stabilito la necessità di prevenire la contaminazione.

E allora vissero tutti felici e contenti? Non esattamente. Lo scorso febbraio è stato notificato agli attivisti un decreto penale di condanna di oltre 86 mila euro per “invasione di terreno agricolo”, ovvero per aver camminato sui campi illegali, il famoso “giardino”. Non solo: gli attivisti rischiano  una seconda imputazione per “danneggiamento” visto che,  per fermare la dispersione del polline, hanno dovuto toccare le piante di mais.

Greenpeace ha naturalmente già depositato opposizione al decreto di condanna e si difenderà in sede giudiziaria, ma la sentenza della Cassazione porta ad altri interrogativi: perché condannare degli attivisti per aver fatto ciò che le autorità avrebbero dovuto fare da tempo, ma che invece non facevano?

Qualche settimana dopo, a marzo, sono state pubblicate anche le motivazioni della sentenza della terza sezione penale della Cassazione che ha confermato l'illegalità dei due appezzamenti seminati con mais OGM e, quindi, la correttezza dei sequestri. Una sentenza che non fa che confermare l'illegalità delle coltivazioni OGM friulane e va ulteriormente a legittimare la correttezza dell'intervento fatto dagli attivisti nel luglio 2010.

Greenpeace ha già raccolto la solidarietà di tanti: associazioni di agricoltori, di consumatori, compresa quella di tutti gli aderenti alla Task Force per un'Italia libera dagli OGM che ha deciso di autodenunciarsi in solidarietà con gli attivisti, ma una domanda sorge spontanea: quando il dito indica la luna perché limitarsi a guardare il dito?
Oggi è la Giornata Internazionale della Biodiversità e noi abbiamo una sola certezza: proteggere l'ambiente può costare molto caro, ma noi continueremo a farlo!
 
Federica Ferrario
Responsabile Campagna OGM di Greenpeace