Quando stamattina ho letto sul giornale che Wangari Maathai era morta, ho sentito una stretta al cuore. Se potessi tornare indietro nel tempo, a quand’ero bambina, alla domanda “cosa vuoi fare da grande?” risponderei: “Avere il coraggio, la forza e lo sguardo di Wangari Maathai”.



Ho sentito parlare di lei per la prima volta in un articolo che mia madre, con insistenza, mi consigliava di leggere. Wangari Maathai è diventata, nel mio immaginario, l’eroina perfetta. La prima donna laureata dell’intero continente africano, per tutta la sua vita ha sostenuto che “è impossibile rimanere immobili quando dentro di te sai cosa è necessario fare”.

Nel bellissimo saggio di Giuseppe Barbera “Abbracciare gli alberi” (Mondadori, 2009) l’autore scrive “Milioni di anni fa siamo scesi dagli alberi e da allora passiamo gran parte del nostro tempo a tagliarli o bruciarli…”. Wangari no…lei ha fatto quello che era necessario fare: piantare milioni di alberi autoctoni insieme a centinaia di donne del “Green Belt Movement” per opporsi alla distruzione delle risorse forestali, combattere la povertà e ridare dignità alle donne nelle aree rurali del suo paese.  

Lei e le sue compagne sono state ripetutamente picchiate, arrestate, minacciate e mortificate dal regime kenyota di Moi per tantissimi anni. La sua determinazione e il suo coraggio l’hanno fatta diventare una delle donne più ammirate dell’intero continente africano e un premio Nobel per la pace nel 2004.

Fate un piccolo sforzo. Provate a guardare Wangari, alla sua vita! Con me ha funzionato…e non riesco più a rimanere immobile.

Chiara Campione, responsabile campagna Foreste