La proposta della Commissione europea è davvero deludente. È persino un arretramento rispetto a quella che nel 2008 fissava il famoso “pacchetto 20-20-20” e non è coerente con l’obiettivo di mantenere sotto i 2°C l’aumento della temperatura media globale.

L’obiettivo per le rinnovabili è un modestissimo 27 per cento a livello europeo (gli obiettivi per i singoli Paesi sono tutti da discutere) che non è altro che la proiezione delle politiche già in atto, con nessun nuovo impulso a un settore che, oltre ad aver contribuito per il 40-50 per cento alla riduzione delle emissioni che si sono già registrate in Europa, produce nuova e qualificata occupazione e riduce la dipendenza dall’importazione delle fossili.

Sull’efficienza – a parole richiesta da tutti, da Confindustria agli ambientalisti – è previsto un obiettivo non ambizioso e nemmeno vincolante.

A cosa si deve questo arretramento e questa mancanza di ambizione? Lo sviluppo delle rinnovabili comunque è stato avviato, specie in alcuni Paesi, e ha intaccato i mercati finora oligopolistici di alcune grandi aziende. Un gruppo di queste grandi aziende, capeggiate da Enel, ha costituito il Gruppo Magritte per far saltare l’obiettivo sulle rinnovabili. Non ci è riuscito, ma ha ottenuto di indebolire molto la proposta. Nel Regno Unito il governo vuole sussidiare il nucleare – a livelli in proporzione persino superiori di quanto sia incentivato l’eolico a terra – e dunque chiedeva di fissare un solo obiettivo vincolante sulla CO2. Il governo inglese copre questa posizione con argomentazioni razionali di migliore allocazione delle risorse, ma in realtà vuole sostituire le centrali nucleari sussidiandone nuove e sviluppare il “gas di scisto” di cui non si conoscono i costi. In Germania il governo di grande coalizione sta frenando sulle rinnovabili mentre è in atto un conflitto sull’utilizzo e lo sviluppo dell’inquinantissima  lignite di produzione nazionale. Spinte diverse provenienti dalle lobby fossili e nucleari,  che hanno prodotto una proposta flop della Commissione.

Dunque le politiche di riduzione delle emissioni in Europa, per quanto formalmente confermate, segnano il passo. Era possibile fissare obiettivi più ambiziosi di taglio della CO2, al 55 per cento; di rinnovabili al 45 per cento e di efficienza al 40 per cento. In questo modo l’Europa avrebbe mantenuto una forte leadership e fatto crescere seriamente settori tecnologici strategici e nuova occupazione.

La battaglia per liberarci dal condizionamento delle fonti fossili quindi continua.

Giuseppe Onufrio -- Direttore Esecutivo di Greenpeace Italia