mercoledì 16 gennaio 2013

Air Pollution in Beijing © Greenpeace / Kuang Yin

L'inquinamento dell'aria a Pechino è ormai un classico. Leggende metropolitane, più o meno verificate, parlano di stop agli impianti industriali della zona per "salvare" le Olimpiadi del 2008 e le cronache dei giorni nostri fanno impallidire ogni più fosca previsione.

Negli ultimi giorni, condizioni meteorologiche particolari hanno determinato una stagnazione dell'aria con un accumulo mostruoso delle polveri sottili (PM 2.5: ovvero con diametro inferiore a 2,5 micron). Per questi inquinanti, l'Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di non superare i 20 µg/m3 - la normativa europea che entrerà in vigore nel 2015  fissa il limite per la media annuale a 25  µg/m3 - mentre a Pechino si sono registrati picchi fino a 900 µg/m3 e valori medi dell'ordine di 600 µg/m3.

LE POLVERI SOTTILI SONO UN KILLER SUBDOLO

Troppo fini per essere trattenute dagli strumenti con cui la natura ci ha attrezzato in milioni di anni di evoluzione, queste polveri, a loro volta veicolo di sostanze pericolose come metalli pesanti e non solo, arrivano direttamente agli alveoli polmonari e quindi nel sangue. Ne derivano patologie a carico dell'apparato respiratorio, incluso il cancro ai polmoni, ma anche cardiovascolari e cerebrovascolari.

Perché le nostre vie aeree (naso, faringe, laringe, trachea…) non sono capaci di fronteggiare queste minacce? Semplicemente, perché queste polveri non ci sono mai state prima: sono una conseguenza soprattutto dell'uso di combustibili fossili. Dalle automobili alle centrali a carbone.

IL RAPPORTO "DANGEROUS BREATHING"

Solo un mese fa, Greenpeace ha pubblicato un rapporto  dal titolo eloquente: "Dangerous Breathing- PM2.5: Measuring the human health and economic impacts on China's largest cities" e i risultati sono altrettanto chiari. Secondo il rapporto - cui ha partecipato anche la Scuola di Salute Pubblica dell'Università di Pechino - le polveri sottili hanno causato nel 2012 ben 8.572 morti premature solo a Pechino, Shanghai, Guangzhou and Xi'an, con danni complessivi per oltre un miliardo di dollari.

DA PECHINO A SALINE JONICHE

La principale causa dello smog dell'area di Pechino è certamente l'uso sconsiderato di carbone per la produzione di energia elettrica. Lo stesso che ENEL sta promuovendo in Italia (e anche in altri Paesi) e che il governo Monti ha sostenuto concedendo una delirante autorizzazione al megaimpianto di Saline Joniche, vicino a Reggio Calabria. Lo stesso che in Italia ha causato, limitandosi alle polveri sottili, emissioni tali da condurre a una stima (calcolata con il modello messo a punto dall'Agenzia Europea per l'Ambiente)  di 1,5 morti premature al giorno (cioè, 569 morti/anno - nel 2009).

Le stime della mortalità qui riportate sono associate per la massima parte proprio al PM2.5 che si forma anche a partire dagli ossidi di zolfo e azoto emessi dalle centrali. Si tratta dunque di sottostime: non si valutano, infatti, gli effetti diretti degli altri inquinanti, tra cui proprio gli ossidi di zolfo e azoto, ma solo quelli associati alle polveri sottili, che sono certamente la componente più impattante sulla salute.

100 GIORNI DI SMOG

Secondo il ministero dell'Ambiente cinese, le aree più industrializzate del Paese come il delta dello Yangtze, il delta del fiume delle Perle e, ovviamente, la regione di Pechino-Tianjin-Hebei, soffrono di 100 giorni di smog l'anno. Quello che sta succedendo oggi è quindi solo la punta dell'iceberg. Quanto durerà tutto questo? Il governo cinese ha dichiarato che, per le polveri sottili, la gran parte delle città del Paese raggiungerà standard di sicurezza adeguati … tra vent'anni!

 

 

Risultato di un test di filtraggio sul campo, il 27/11/2012, che mostra quanto PM2.5 si inala per le strade di Pechino in 24 ore.

 

 

Greenpeace chiede modifiche immediate alle politiche energetiche nazionali cinesi: un massimo al consumo di carbone, filtri adeguati alle centrali meno pericolose e chiusura immediata degli impianti più inefficienti e rischiosi. Perché altri due decenni di camera a gas non sono tollerabili da nessuno, nemmeno da un popolo proverbialmente paziente come quello cinese. Il successo della campagna di Greenpeace Cina su Weibo (un "social" cinese a metà tra Twitter e Facebook) pare proprio dimostrare che la pazienza cinese sia finita.

Alessandro Giannì,

direttore delle Campagne