Sakyo, Daisuke e Giorgia a lavoro sulla Rainbow Warrior

Sakyo ha 33 anni, vive in Australia con sua moglie e la piccola Koko di 4 anni e dal 2001 lavora per Greenpeace. Quando è scoppiata la centrale di Fukushima è stato richiamato dall’ufficio giapponese per accompagnare i team di Greenpeace a terra e andare a valutare la contaminazione nell’area subito fuori i 20 chilometri interdetti dalla centrale.

Ha passato in quelle zone  una settimana e mi racconta: "la cosa più strana era arrivare in questi villaggi con maschere e tute per proteggerci da eventuali rischi di contaminazione radioattiva, e vedere adulti e bambini camminare normalmente per strada in pantaloni corti e maglietta”. E aggiunge: “Un giorno mi sono fermato a parlare con un signore, e mi sono tolto la maschera….non sopportavo quella differenza. Il problema è che la maggior parte della popolazione non è informata, non sono realmente al corrente dei rischi che corrono, e quindi non si possono proteggere”.

Daisuke ha 29 anni e vive a Tokyo, dove si trovava il giorno del disastro. Ha iniziato come volontario in Greenpeace Giappone quattro anni fa, dove al momento lavora come logista. Lui del nucleare ha avuto paura da sempre: è nato a Hiroshima, e ha conosciuto diverse persone che continuano a soffrire gli effetti delle radiazioni.

Daisuke è stato per ben due volte fuori dalla zona di evacuazione intorno a Fukushima, e durante quei viaggi Greenpeace ha rilevato alti livelli di radioattività anche in zone che non erano state ancora evacuate. “Quando siamo arrivati al villaggio di Iidate – racconta - la gente ci guardava stranita, addirittura ci faceva foto. Mentre noi misuravamo la radioattività loro semplicemente andavano al supermercato”. Dopo aver passato i nostri dati al governo oggi il villaggio di Iidate è stata evacuata.

Sakyo e Daisuke

Adesso entrambi si trovano sulla Rainbow Warrior per fare da interpreti e aiutare con i campionamenti in mare. Chiedo loro perchè abbiamo deciso di tornare di nuovo in un’area così a rischio. Entrambi si guardano e mi sorridono, con quel modo sereno e fiero che hanno i giapponesi: "lo facciamo per la nostra gente, vogliamo aiutarli come possiamo - rispondono insieme. Crediamo che quello che stiamo facendo con Greenpeace sia importante. Il pesce è alla base della nostra dieta. Molti pescatori non sanno il pericolo che si può correre a mangiare pesci contaminati, o gli effetti che questa contaminazione potrebbe avere in futuro” E poi aggiungono: “Vogliamo far sapere alle persone di tutto il mondo quanto sia pericoloso il nucleare prima che sia troppo tardi. Nessuno deve più soffrire come ieri ha sofferto la gente di Chernobyl e oggi quella di Fukushima".

Mi alzo dal tavolo e vado sul ponte a guardare il tratto di mare che ci separa dal Giappone: mi sento orgogliosa di stare qui al fianco di questi ragazzi.

Giorgia Monti, campaigner Mare di Greenpeace Italia