Nel 2011 – quando abbiamo lanciato la campagna Detox My Fashion –  l’impegno di grandi marchi come Adidas, Puma e Nike a eliminare le sostanze tossiche ha rappresentato un passo importante nella campagna Detox. Negli anni successivi, quando ci siamo rivolti ad altre aziende, il settore si è mostrato reticente.

Ciò che Greenpeace ci chiede di fare è impossibile”, rispondevano le aziende, “Nessun marchio internazionale della moda può rendere completamente trasparenti le proprie filiere produttive e eliminare tutte le sostanze tossiche da ogni fase di lavorazione”.

Eppure negli ultimi due anni l’intero settore ha dimostrato, nei fatti, che non è così. Ad oggi 76 aziende, che rappresentano circa il 15 per cento della produzione tessile mondiale, si sono impegnate ad eliminare le sostanze chimiche pericolose entro il 2020. Tra le italiane a sottoscrivere l’impegno Detox, oltre a marchi famosi come Benetton, Valentino e Miroglio, ci sono ben 50 aziende tessili. Di queste, 27 appartengono al distretto di Prato, il più grande distretto tessile europeo, che di fatto è diventato il cuore della rivoluzione del settore in atto nel nostro paese.

Adesso, quasi nessun’azienda si chiede se sia possibile fare a meno delle sostanze tossiche, al contrario la domanda è: quanto velocemente possiamo farlo?

L’obiettivo è eliminare queste sostanze entro il 2020.

Greenpeace pubblica oggi la Sfilata Detox una classifica in cui vengono valutati i progressi compiuti da 19 marchi internazionali della moda per raggiungere l’obiettivo “scarichi zero” del 2020.

Due grandi marchi mondiali, H&M e Zara (Inditex), insieme all’italiana Benetton, sono le aziende che hanno compiuto i progressi più importanti e rientrano nella categoria ”Avanguardia”. Queste aziende hanno lavorato molto bene negli ultimi anni, eliminando le sostanze tossiche dalle loro filiere produttive e garantendo un’informazione trasparente sugli scarichi di sostanze chimiche da parte dei propri fornitori.

Dei restanti 16 marchi presenti in classifica 4 (Nike, LiNing, Esprit e Victoria’s Secret), inserite nella categoria “Retrovie”, si stanno muovendo nella direzione sbagliata non assumendosi completamente le proprie responsabilità.

12 fanno parte della categoria “La moda che cambia”, ovvero hanno compiuto numerosi progressi e sono sulla strada giusta, tuttavia devono muoversi più in fretta per raggiungere gli obiettivi previsti per il 2020.

Nei prossimi anni, faremo una nuova valutazione dei progressi di questi marchi e ci assicureremo che raggiungano l’obiettivo di una moda pulita e libera dalle sostanze tossiche.

D’altronde, questa è solo la punta dell’iceberg. La velocità con cui al giorno d’oggi i vestiti vengono prodotti, comprati, utilizzati e buttati via aumenta vertiginosamente l’impatto ambientale della moda sul nostro Pianeta. In futuro proveremo a cambiare il settore – con il tuo sostegno – anche da questo punto di vista, cercando di favorire pratiche che allunghino il ciclo di vita dei capi di abbigliamento e ne favoriscano il riciclo.

Giuseppe Ungherese, Responsabile Campagna Inquinamento Greenpeace Italia


Giuseppe Ungherese

Autore

Giuseppe Ungherese
Responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace Italia dal 2015. Dopo anni da ricercatore universitario (e con un dottorato in tasca), ora combatte tutti i giorni quelle sostanze tossiche e pericolose, per noi e per il Pianeta, che prima affrontava in laboratorio.