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Il corto “Uno al giorno” a tutti i parlamentari

News - 29 maggio, 2013
Oggi abbiamo recapitato una copia del corto “Uno al giorno” - che Enel vuole censurare - a tutti i parlamentari. Per aver mostrato cosa vuol dire produrre elettricità col carbone, sono indagati il regista Mimmo Calopresti e lo sceneggiatore Manfredi Giffone, in seguito a una denuncia di Enel “contro ignoti”.

“Uno al giorno”, con un cast di noti attori come Haber, Quartullo, Ceccarelli e Briguglia e la collaborazione dei Subsonica per le musiche, parla degli impatti sanitari ed economici
del carbone che Enel utilizza per produrre in Italia quasi il 50 per cento della sua elettricità. Secondo uno studio commissionato da Greenpeace, che applica una metodologia già in uso nell’UE a dati di emissione forniti dalla stessa azienda, i fumi delle centrali a carbone di Enel causano nel nostro Paese una morte prematura al giorno e circa 1,8 miliardi di euro di danni l’anno.

Accusiamo da tempo Enel per gli impatti del suo carbone, e la nostra organizzazione è già stata trascinata in tribunale dall’azienda molte volte. Proprio la scorsa estate la magistratura ha rigettato un ricorso dell’azienda e giudicato legittime le nostre accuse poiché fondate su dati veridici: il cortometraggio “Uno al giorno” nasce proprio da quei dati e da quella storica sentenza. È incredibile che oggi, nonostante il corto sia stato realizzato dopo quella sentenza, un noto regista e un giovane autore risultino indagati per reati penali di cui ancora non si conosce il dettaglio.

Abbiamo deciso di inviare una copia del corto a tutti i deputati e senatori perché chiediamo alle istituzioni di farsi carico della condotta di un’azienda controllata dallo Stato. In questo modo capiremo se Enel è davvero sotto il controllo dello Stato o se può infischiarsene delle accuse documentate che le vengono rivolte perché la politica non è in grado di controllarla.

Con la sua condotta legale Enel prova a zittire le nostre proteste. L’azienda ha deciso di non rispondere nel merito alle nostre accuse ma di perseguire Greenpeace e chi con noi collabori in ogni occasione possibile. Una multinazionale con un fatturato da 80 miliardi di euro può spendere quanto vuole in avvocati, per tentare di silenziare chiunque; può persino permettersi di uscire sconfitta dalle aule giudiziarie, come le è già successo, sapendo comunque che le sue azioni legali possono ostacolare la protesta.

Gli avvocati di Enel non riusciranno a fermarci. Ma è legittimo che un’azienda controllata dallo Stato proceda in questa direzione quando le critiche che le vengono rivolte riguardano interessi collettivi come la salute pubblica?

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