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Pesce spada, ambientalisti: «quote sono ultima speranza per evitare collasso specie nel Mediterraneo, ma serve più coraggio»

Comunicato stampa - 22 novembre, 2016
Greenpeace, Legambiente e MedReAct esprimono apprezzamento per il piano di recupero del pesce spada nel Mediterraneo approvato ieri dall’ICCAT (International Commission for the Conservation of Atlantic Tunas). Di particolare rilievo la decisione di stabilire misure di tutela degli esemplari giovanili e un sistema di quote di pesca con limiti massimi di cattura annuali, sebbene tali limiti risultino attualmente troppo alti per garantire il recupero dello stock.

L’esperienza della pesca al tonno – gestita sempre dall’ICCAT –  e la mancanza di una efficace applicazione del divieto sulle derivanti hanno già dimostrato che, per eliminare l’illegalità, queste misure sono inutili se adottate in assenza di controlli efficaci e di decisioni coraggiose per ridurre la pesca.

Da decenni il pesce spada versa in condizioni critiche e le misure adottate finora per ridurre lo sforzo di pesca e combattere l’illegalità sono state inefficaci. Dopo anni di pressioni da parte delle organizzazioni ambientaliste e degli esperti scientifici, la decisione dell’ICCAT di adottare un sistema di ripartizione delle quote di pesca accende ora una speranza. Fino a ieri l’unica specie del Mediterraneo soggetta a quote di cattura annuali era il tonno rosso, e grazie agli sforzi intrapresi si cominciano a vedere i primi effetti positivi e un lieve recupero dello stock.

«L’approvazione di questo piano di recupero, pur essendo apprezzabile, arriva con anni di colpevole ritardo e temiamo sia poco ambiziosa, vista l’urgenza della situazione. Lo strumento delle quote funziona se ripartito in modo sostenibile tra le flotte, se lo sforzo e la capacità di pesca vengono ridotte e se tale sistema viene adeguatamente sostenuto da un sistema efficace di controlli», commentano Greenpeace, Legambiente e MedReAct. «Adesso devono essere rispettati gli obiettivi di riduzione dello sforzo di pesca richiesti dalla comunità scientifica e gli Stati devono impegnarsi nella corretta applicazione delle misure per limitare la pesca illegale, vera piaga di questa attività».

L’Italia è responsabile per circa il 45 per cento delle catture totali di pesce spada nel Mediterraneo Un’attività dal grande valore economico e commerciale, che però assegna al nostro Paese anche maggiori responsabilità nella gestione della risorsa. Il nostro Paese però non è ancora riuscito a eliminare l’illegalità che, come dimostrano le cronache, dilaga nella pesca e nel commercio. Per tutelare lo stock e l’economia del sistema occorre al più presto un approccio rigoroso alla gestione.

In Italia sono ben 849 i pescherecci autorizzati a pescare il pesce spada. Per una risorsa così scarsa sono troppi, così come sono troppi i pescherecci noti per aver commesso infrazioni. Per le organizzazioni ambientaliste, chi ha pescato illegalmente in passato non deve essere più autorizzato a pescare: è un principio elementare, a tutela dei pescatori onesti.

«È assurdo che le associazioni dei pescatori, che ben conoscono il problema e per decenni hanno fatto orecchie da mercante, si lamentino per quanto deciso dall’ICCAT. Ci aspettiamo invece più coraggio e più coscienza da parte di tutti, politici e pescatori», concludono Greenpeace, Legambiente e MedReAct.

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