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'Piano aria' del Nord: inutile se si converte a carbone Porto Tolle

Comunicato stampa - 6 settembre, 2013
L'accordo di programma sulla qualità dell'aria tra le Regioni del nord Italia, che dovrebbe essere siglato già ad ottobre, rischia di essere uno strumento monco senza una decisione chiara sul futuro della centrale di Porto Tolle. Questo il timore di Greenpeace rispetto a quanto discusso due giorni fa in un vertice a Milano tra il ministro dell'Ambiente Orlando, il governatore della Lombardia Maroni e i rappresentanti delle altre Regioni del nord Italia.

"Mentre si ragiona soprattutto di mobilità e di limitazioni al trasporto su gomma, con comprensibile preoccupazione per le procedure d'infrazione dell'UE nei confronti del nostro Paese, è ancora in piedi il progetto per la conversione a carbone di una vecchia centrale a olio combustibile dell'Enel che vanificherebbe qualsiasi altra misura di protezione della qualità dell'aria - spiega Andrea Boraschi, responsabile campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia - Greenpeace guarda con favore a qualsiasi misura volta a migliorare la qualità dell'aria in Pianura Padana, che è la Regione in Europa con i più alti livelli di inquinamento atmosferico,  si cerchi però di non prendere in giro l'opinione pubblica".

Una centrale a carbone a Porto Tolle emetterebbe 2.800 tonnellate l'anno di ossidi di azoto, quanto 3,5 milioni di auto nuove in un anno, e 3.700 tonnellate di ossidi di zolfo, pari a 2,3 volte le emissioni annue dell'intero settore trasporti in Italia. Se Porto Tolle resta in piedi, per Greenpeace ogni altro impegno risulta poco credibile. Già bocciato, due anni fa, da una sentenza del Consiglio di Stato, il progetto di una centrale a carbone nel Parco del Delta del Po è nuovamente in fase di valutazione presso il ministero dell'Ambiente. Questo grazie a due leggi pro-Enel, vere e proprie leggi "ad aziendam", promosse dall'ultimo governo Berlusconi e dal governatore del Veneto Zaia, che cambiando la normativa hanno di fatto annullato la sentenza del Consiglio di Stato.

Grande sponsor politico di questa follia è la Lega del governatore Maroni. Lo stesso Maroni che per sottolineare l'esigenza di un impegno coordinato di tutte le Regioni dell'area padana ha ricordato, in occasione del vertice di Milano, come non si possano "costruire dei muri nell'aria". Le emissioni di una centrale a carbone a Porto Tolle, infatti, non sarebbero confinate al Polesine o al Veneto, impatterebbero su tutta l'area padana e in gran misura direttamente sul capoluogo lombardo, come Greenpeace ha dimostrato attraverso complesse simulazioni - sfruttando modelli metereologici adottati in programmi di ricerca dell'Unione Europea - che evidenziano gli incrementi di concentrazione del PM 2,5 che verrebbero dai fumi di un simile impianto.

Greenpeace chiede al ministro Orlando se ritiene compatibile la realizzazione di una centrale a carbone a Porto Tolle con la difesa dell'aria in Pianura Padana. Già oggi tutte le città del Veneto e molte della Lombardia e dell'Emilia Romagna sono 'fuori legge' per il PM2,5, i cui limiti di concentrazione saranno vigenti nel 2015 e che potrebbero essere resi ancor più restringenti già nel 2020, stando all'OMS. Il rapporto di Greenpeace sugli impatti che verrebbero dalla realizzazione dell'impianto di Porto Tolle, elaborato a partire da una ricerca dell'Università di Stoccarda, presentano una stima conservativa equivalente a 85 casi di morte prematura l'anno. Ovvero, 3.400 morti premature in 40 anni, il tempo per cui prevedibilmente potrebbe rimanere operativa una nuova centrale a carbone. Greenpeace invierà questo studio - già a disposizione del ministero dell'Ambiente - a tutte le Regioni coinvolte nel programma per la qualità dell'aria.

Leggi il briefing "Porto Tolle: analisi comparativa dell'impatto sanitario": http://www.greenpeace.org/italy/it/ufficiostampa/rapporti/Porto-Tolle-analisi-comparativa-dellimpatto-sanitario/

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