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Porto Tolle: lettera a Napolitano contro legge "pro carbone"

Comunicato stampa - 6 luglio, 2011
Le associazioni ambientaliste che hanno portato avanti la battaglia contro la conversione a carbone della centrale di Porto Tolle - Greenpeace, Legambiente, WWF e Italia Nostra - si rivolgono oggi al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano affinché prenda urgenti provvedimenti per impedire che il Governo aggiri una sentenza "scomoda" sostituendosi ai giudici che hanno già sentenziato sulla incompatibilità ambientale del carbone.

Il tentativo del Governo di inserire nell'articolo 35 della Finanziaria una norma che favorisce lo smantellamento di centrali alimentate ad olio per trasformarle a carbone è un perfetto esempio di legge "ad aziendam". Con questa, non solo si ignora la sentenza del Consiglio di Stato sulla valutazione di impatto ambientale, ma si decide deliberatamente di ignorare - per fare l'interesse dell'ENEL - l'impatto ambientale e sanitario di una centrale a carbone nel cuore di una delle aree, il Delta del Po, più fragili e a rischio del Paese.

La norma cerca di cancellare la sentenza del Consiglio di Stato e la disposizione di confrontare il progetto a carbone con scenari alternativi, quale l'utilizzo del gas naturale o l'alternativa "zero", non costruire nulla. Si tratta di un vero e proprio "obbrobrio giuridico" in quanto tale confronto costituisce uno dei contenuti necessari e obbligatori della procedura di Valutazione d'Impatto Ambientale prevista dalle norme europee e confermata dalla Corte di Giustizia europea.

La conversione a carbone della centrale di Porto Tolle comporterebbe l'emissione di oltre 10 milioni di tonnellate annue di anidride carbonica (CO2), il principale responsabile del riscaldamento globale; nonché la movimentazione, in un parco naturale già fragilissimo, di 5 milioni di tonnellate di carbone all'anno e di un altro milione di tonnellate tra calcare, gessi e ceneri. Tutto questo per salvare meno di 200 posti di lavoro che potrebbero essere assorbiti da un equivalente impianto a gas naturale, ipotesi più razionale visto che accanto al sito della centrale è stato costruito il più importante terminale gasifero off-shore.

I rischi posti dalla conversione a carbone sono quindi evidenti, senza contare che il carbone è tra i fattori che ritardano il lancio, in Italia, di una seria politica di investimenti sulle rinnovabili e l'efficienza che secondo numerose stime (nazionali, internazionali e sindacali) porterebbe nel nostro Paese migliaia di posti di lavoro in più di quelli che si guadagnerebbero con questi pericolosi progetti di riconversione.

Le associazioni hanno chiesto al Presidente Napolitano di non firmare il decreto.

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