Comunicato stampa - 15 dicembre, 2004
Greenpeace presenta oggi alla Cop 10 di Buenos Aires gli ultimi dati sulla distruzione dell'Amazzonia, che è contemporaneamente vittima e responsabile dei cambiamenti climatici. Un circolo perverso a cui contribuiscono tutti i paesi con le loro emissioni.
"Anche l'Italia è responsabile della distruzione dell'Amazzonia
e non soltanto perché importa legno illegale. Infatti, le nostre
emissioni di gas serra come è ormai noto, sono aumentate almeno del
9%", precisa Roberto Ferrigno, responsabile campagne di
Greenpeace.
"Il ministro dell'Ambiente, impegnato attivamente nello
smantellamento del quadro legislativo italiano di tutela e
salvaguardia ambientale, a livello internazionale si mostra più
realista del re. Infatti il ministro Matteoli annuncia dalla
Conferenza sul clima di Buones Aires che l'Italia dice no a impegni
vincolanti sulle riduzioni per la seconda fase del protocollo di
Kyoto e punta sul carbone per le nuove centrali, oltre a proporre
che il nucleare rientri tra quei progetti finanziati dai Paesi
sviluppati da adottare in quelli in via di sviluppo per combattere
il riscaldamento globale. I costi di questa strategia alla fine
ricadranno sui cittadini che saranno chiamati in ogni caso a pagare
per ridurre le emissioni di gas serra che il governo ha lasciato
aumentare sperando fino all'ultimo che la Russia non ratificasse
l'accordo di Kyoto. Questa scelta irresponsabile si tradurrà quindi
in una tassa a carico degli italiani di almeno 300 milioni di Euro
all'anno solamente per l'utilizzo del carbone da parte
dell'ENEL".
Proprio i cambiamenti climatici e la deforestazione stanno
distruggendo la foresta primaria più grande al mondo, quasi 700
milioni di ettari in 9 Paesi, una superficie pari a quella degli
Stati Uniti. Questi gli ultimi dati sulla deforestazione: nel
periodo tra agosto 2003 e agosto 2004, secondo i dati diffusi dal
governo brasiliano, la deforestazione potrebbe aver raggiunto un
nuovo record. Abbiamo perso tra i 2.310.000 e i 2.440.000 ettari.
Secondo le rilevazioni effettuate da Greenpeace, il dato corretto
sarebbe invece attorno ai 3 milioni di ettari, un'area grande come
il Belgio. Dal vertice di Rio del 1992 a oggi, invece, se n'è
andata un'area grande come metà della Spagna. in Amazzonia si trova
il 30% della biodiversità, una ricchezza minacciata dal taglio
illegale delle foreste, la costruzione di strade, gli incendi e la
deforestazione per far posto ad allevamenti e coltivazioni
estensive di soia. L'Amazzonia gioca un ruolo chiave nel ciclo
dell'acqua, essendo una riserva di anidride carbonica e possedendo
il 20% dell'acqua dolce mondiale. La rete fluviale di 100.000
chilometri dipende dalle foreste, visto che il 50% delle
precipitazioni nella regione si producono grazie alle foreste
pluviali. Una riduzione dell'umidità della foresta comporta una
maggiore vulnerabilità agli incendi. Deforestazione e incendi in
Amazzonia sono la principale fonte di emissioni di gas serra in
Brasile e causa dei cambiamenti climatici.