Comunicato stampa - 5 febbraio, 2005
Greenpeace dubita che l'impegno a proteggere le foreste del Bacino del Congo, espresso oggi dai capi di Stato e dal presidente francese Jacques Chirac al summit delle foreste di Brazzaville, sarà seguito da azioni concrete.
Corruzione e taglio delle foreste in Africa
"Non c'è più tempo per le chiacchiere. Se vogliamo salvare le
ultime grandi foreste del Congo, i Paesi del G8 e l'Unione europea
devono passare all'azione e intensificare gli sforzi per promuovere
la trasparenza, combattere la corruzione e arrivare a una gestione
sostenibile delle foreste" afferma Sergio Baffoni, della campagna
foreste di Greenpeace.
Il taglio illegale nel Bacino del Congo è ampiamente diffuso e
spesso avviene nella più totale impunità. Oltre metà della
produzione di legname africano è destinata al mercato europeo e
l'Italia è il secondo importatore mondiale di legno dal Bacino del
Congo, un commercio che avviene senza alcuna garanzia di legalità o
sostenibilità. A ottobre 2003, i governi africani e la comunità
internazionale si sono impegnati a lavorare insieme per affrontare
questo problema ma sono mancati passi concreti.
Greenpeace partecipa al summit delle foreste di Brazzaville
(Congo) nell'ambito della sua campagna globale per fermare il
taglio illegale delle foreste. "L'Italia deve assumersi le proprie
responsabilità e smettere di alimentare la distruzione delle
foreste in Africa. Malgrado gli impegni assunti, le nostre aziende,
consapevolmente o inconsapevolmente, continuano a impiegare legname
di origine illegale. Le soluzioni volontarie non bastano più: serve
una nuova legislazione europea, vincolante, in grado di dare alle
dogane il potere di fermare il legno illegale", conclude
Baffoni.
Bisogna anche pensare a forme di sviluppo ecosostenibile in
alternativa allo sfruttamento industriale delle foreste in Congo:
il taglio illegale non ha aiutato a ridurre la povertà nella
regione, anzi ha semplicemente fatto diminuire le risorse forestali
dalle quali dipendono milioni di persone.