Comunicato stampa - 22 novembre, 2006
Greenpeace è preoccupata per le notizie che giungono dal Consiglio Pesca Ue che ieri sembra aver raggiunto un accordo politico che sancirebbe la "resurrezione" delle spadare, i muri della morte che da decenni sono noti per gli effetti devastanti sull'ecosistema marino.
Un pesce spada rimasto impigliato in una rete spadara.
Al Consiglio di ieri, alla presenza del ministro
dell'Agricoltura, Paolo De Castro, Francia e Italia hanno spinto
verso un accordo politico su un testo del Regolamento Pesca per il
Mediterraneo che assimila le reti derivanti - cioè le spadare -
alle tradizionali reti da posta. Le reti derivanti sono vietate
dall'Onu dal 1992 e dall'Ue dal 2002. Le reti da posta sono invece
le tradizionali reti da pesca che vengono ancorate al fondale: esse
potranno raggiungere una lunghezza di 6 Km e senza alcuna
limitazione massima alla maglia. Se queste regole varranno anche
per le reti derivanti, in pratica siamo alla "resurrezione legale"
delle spadare.
"Se questa notizia è confermata, è una giornata nera per il
Mediterraneo" afferma Alessandro Giannì, responsabile Campagna Mare
di Greenpeace. "I negoziati per la pesca nell'Ue sono diventati una
farsa pericolosa per l'ambiente: si prendono decisioni con
rilevanti conseguenze sugli ecosistemi marini senza alcun
coinvolgimento dei ministri competenti, quelli dell'Ambiente".
Le reti derivanti sono lunghi nastri che, di notte, vanno alla
deriva pescando dalla superficie a circa 20 metri di profondità e
catturano tutto quello che passa nelle vicinanze. I dati ufficiali
relativi alle spadare italiane dimostrano che il pesce spada,
specie peraltro in grave declino, rappresenta circa il 18 per cento
delle catture e che la flotta italiana negli anni '90 uccideva 8000
cetacei ogni anno, soprattutto stenelle e capodogli, ma anche
tartarughe marine ed altre specie minacciate.
Nonostante le spadare siano illegali da anni, quest'estate la
Rainbow Warrior, la nave ammiraglia di Greenpeace, ha documentato
che continuano ad essere usate illegalmente dai pescatori italiani:
una comunicazione sulla questione è stata presentata da Greenpeace
alla riunione dell'Iccat (Commissione Internazionale che gestisce
la pesca dei grandi pelagici nel Mediterraneo e nell'Atlantico) in
corso a Dubrovnik (Croazia).Anche l'Iccat ha vietato in tutto il
Mediterraneo l'uso delle spadare, per la loro pericolosità per la
fauna marina.
Allo stesso Consiglio Pesca, l'Italia ha poi votato a favore di
quote di cattura per i pesci di profondità, molto maggiori di
quelle raccomandate dai comitati scientifici, preoccupati per il
disastroso stato di salute di queste popolazioni ittiche. Gli
esperti hanno anche raccomandato di non espandere in altre aree
questo tipo di pesca per evitare ulteriori danni.