Comunicato stampa - 15 giugno, 2006
Pesca in declino, inquinamento in crescita, illegalità imperante: il Mediterraneo è a rischio, e se non proteggiamo subito il quaranta per cento della sua superficie con una rete di riserve marine saremo costretti ben presto a prendere misure più rigide. Lo afferma Greenpeace in un nuovo rapporto – "Riserve marine per il Mediterraneo" – presentato a Genova, a bordo della nave "Rainbow Warrior". L'ammiraglia di Greenpeace sta compiendo un tour del Mediterraneo – in contemporanea con un'altra imbarcazione dell'associazione, l'Esperanza – per combattere la pesca illegale, difendere le popolazioni marine e promuovere la creazione delle aree protette in tutta la superficie del bacino. Nel rapporto sono indicate le tante minacce al Mediterraneo, dalla pesca eccessiva alle attività petrolifere, dall'inquinamento causato dal turismo all'arrivo delle specie aliene, fino ai cambiamenti climatici.
La mappa delle 32 riserve marine che Greenpeace propone di istituire nel Mar Mediterraneo
"Il Mediterraneo rappresenta meno dell'un per cento dei mari di
tutto il pianeta", dichiara Alessandro Giannì, responsabile della
Campagna Mare di Greenpeace Italia, "ma accoglie quasi il nove per
cento di tutta la vita marina, con più di diecimila specie finora
identificate. Inoltre, il bacino mediterraneo rappresenta la più
popolare regione turistica al mondo e ospita il trenta per cento
del traffico navale mondiale. Nel Mediterraneo assistiamo anche
alle peggiori pratiche di pesca illegale e di sfruttamento
eccessivo delle risorse ittiche. Se non facciamo qualcosa subito
per proteggere questo mare, la qualità della vita di milioni di
persone che dipendono dalla pesca e dal turismo diventerà solo un
ricordo del passato".
La pesca nel Mediterraneo e nel Mar Nero in questi ultimi anni è
stimata intorno a un milione e 500 mila tonnellate l'anno: più del
doppio delle 700 mila tonnellate degli anni Cinquanta ma molto meno
del massimo di 2 milioni di tonnellate raggiunto tra il 1982 e il
1988. Scorrendo il rapporto "Riserve marine per il Mediterraneo",
si scopre che la pesca eccessiva del tonno rosso (quello ricercato
dai giapponesi per il sushi) ha portato a un declino degli stock
dell'ottanta per cento: il rischio di un crollo rapido e verticale
del tonno pescato è quindi altissimo. Nel frattempo continua la
pesca illegale del pescespada con le spadare, nonostante il loro
bando: una minaccia non solo per gli stock ittici ma per balene e
delfini che sono uccisi in grande numero da questi "muri della
morte".
Una soluzione a tutto questo c'è: eliminare le attività
distruttive e attivare una rete di riserve marine. Greenpeace ha
studiato le aree più importanti del Mediterraneo (per la
riproduzione o l'alimentazione delle specie presenti) e le minacce
che le opprimono, così come le aree protette esistenti o proposte.
Questi dati sono stati utilizzati per sviluppare una proposta per
una rete di 32 riserve marine d'altura, che dovrebbero affiancarsi
alle riserve costiere esistenti o proposte. "Con una rete di
riserve marine, tutti ci guadagniamo", afferma Karli Thomas di
Greenpeace International: "Il numero delle specie marine cresce,
gli stock ittici attorno alle aree protette si rigenerano e sia gli
interessi commerciali che quelli della conservazione vengono
soddisfatti". "Una rete globale di aree marine protette è vitale
per i nostri oceani", aggiunge Callum Roberts, professore di
biologia marina all'Università di York: "La proposta di Greenpeace,
condivisa dalla comunità scientifica, aiuterebbe il recupero degli
ecosistemi degradati".
VVPR info: FOTO IN ALTA RISOLUZIONE E IMMAGINI VIDEO DISPONIBILI:
LA MAPPA DELLE RISERVE MARINE IN ALTA RISOLUZIONE:
http://www.greenpeace.org/raw/image_orig/italy/ufficiostampa/foto/riserve-marine.jpg