Con l'arrivo a Genova del relitto della Costa Concordia si chiude una parte, per quanto rilevante, di una vicenda che ha visto la morte di 33 persone.

Va ricordato che solo dopo questa tragedia – frutto della stupidità umana e dell'interesse commerciale a promuovere gli "inchini" come attrazione turistica – è stata possibile, anche grazie a una mobilitazione di Greenpeace, l'approvazione del decreto "Rotte sicure". Cioè, di una norma che introduce alcune prime limitazioni per la navigazione nel Santuario dei Cetacei, nelle aree protette e a Venezia (dove l'applicazione è tuttavia in ritardo).

Oggi chi ha proposto – e fatto approvare dal Consiglio dei Ministri – la soluzione poi vincente può giustamente essere soddisfatto del successo di una operazione mai realizzata finora. Proprio questo carattere di novità assoluta era alla base delle preoccupazioni di Greenpeace e degli ambientalisti, che avrebbero preferito un percorso più breve per minimizzare i rischi.

Sarebbe stato possibile andare a Civitavecchia ma la scelta è stata scartata subito, forse perché il relitto in uno scalo passeggeri così importante non avrebbe fatto buona pubblicità alla Costa? Chissà. Di certo è strano che in oltre due anni non si sia stati in grado di sviluppare alternative al trasporto a Genova.

Tornando indietro, comunque non modificheremmo la nostra posizione: del resto lo stesso prefetto Franco Gabrielli, prima della partenza, aveva richiamato i rischi dell'operazione e aveva dichiarato: "Incrociamo le dita". Noi ci siamo associati a quell'augurio: anche se la nostra posizione non è stata ascoltata, né abbiamo mai ricevuto risposte dalle autorità alle domande che abbiamo posto. Per chi si batte per la tutela dell'ambiente e del mare il primo obiettivo è sempre stato quello che tutto avvenisse senza problemi, al di là della soluzione scelta

L'operazione "Costa ti tengo d'occhio" promossa insieme a Legambiente – seguire per mare il relitto fino a Genova – aveva lo scopo sia di testimonianza che di comunicazione sui temi legati all'intera vicenda, che sono diversi e complessi.

Come Greenpeace abbiamo poi effettuato tre voli in elicottero in tre giorni diversi per realizzare delle immagini a raggi infrarossi – effettuate per nostro conto da una società certificata – di una quarantina di miglia della scia del relitto. Queste immagini hanno escluso, come speravamo, significativi rilasci di sostanze galleggianti diverse dall'acqua. Dunque, come abbiamo ripetuto, in questo caso nessuna notizia è stata una buona notizia.

Che poi Gabrielli abbia reagito male, deridendo l'attività degli ambientalisti come "una gita in barca", è comprensibile data la tensione e la pressione enorme che ha subito in un ruolo così delicato. Probabilmente gli sfugge che il ruolo degli ambientalisti è anche di osservare in modo indipendente ciò che succede. Affermazioni del genere nascondono solo una volontà nascosta di operare senza controlli esterni: le organizzazioni ambientaliste non vogliono, e non possono, sostituirsi alle istituzioni pubbliche, ma si comportano da testimoni e difensori del bene comune.

Dobbiamo ringraziare tutti quelli che hanno condotto l'operazione. Il caso della Costa Concordia è dunque esemplare: nel male per la tragedia ampiamente evitabile; nel bene per aver condotto in porto un'operazione difficile e rischiosa.

Giuseppe Onufrio - Direttore esecutivo Greenpeace Italia