L’annuncio dei funzionari di Tepco e del governo giapponese di aver raggiunto lo stato di “arresto a freddo” dei reattori della centrale nucleare di Fukushima Daiichi è un’informazione fuorviante. Non può esserci “arresto a freddo” se i reattori sono fusi. La terminologia si riferisce, infatti, allo stato di un reattore normale – non danneggiato – in cui il contenitore a pressione (vessel) può essere aperto e il reattore raffreddato con acqua depressurizzata a una temperatura al di sotto dei 100°C. Una condizione assai distante da quello che abbiamo a Fukushima:  i tre reattori sono fusi del tutto (come si pensa del n. 1) o parzialmente (come si stima nel caso del n. 2 e 3).

La realtà è che Tepco non ha idea di cosa accade dentro i reattori, a parte controllarne la temperatura. Solo nel reattore 3 c'è uno strumento per misurare la presenza di prodotti di fissione (come il gas Xeno), in grado di indicare se la fissione spontanea sta accadendo o meno. Non c’è nessuno strumento del genere nel reattore 2 e 1.

Da nessuna parte, poi, c'è un misuratore di neutroni, che darebbe una misura diretta della fissione, né Tepco ha un quadro di dove si trovi precisamente il combustibile fuso e quanto questo in effetti sia fuso (ci sono stime, ma non misure). L'unica notizia certa è che l'acqua dentro i reattori ha smesso di bollire.

Questo annuncio di Tepco serve solo per tranquillizzare e coprire il fallimento nella gestione della sicurezza dei cittadini. Ma l'emergenza continua.

La realtà dei fatti ce la racconta il direttore di Greenpeace Giappone, Junichi Sato:

Materiale radioattivo sta ancora fuoriuscendo dal sito, e non è dato sapere lo stato esatto delle tonnellate di combustibile fuso all'interno dei reattori. Decine di migliaia di tonnellate di acqua altamente contaminata si trovano ancora nei reattori e negli edifici che contengono le turbine, con perdite in mare avvenute anche la settimana scorsa. La costante minaccia radiologica posta dal disastro nucleare di Fukushima rimane enorme.

Moltissime persone continuano a essere a rischio per le radiazioni causate dal disastro senza ricevere adeguato supporto. A distanza di nove mesi coloro che hanno visto le proprie case e città contaminate dalle radiazioni sono ancora in attesa di aiuto da parte del governo e dei risarcimenti da parte di TEPCO. Finora solo trentacinque case sono state decontaminate, delle migliaia colpite nella città di Fukushima. Le analisi più recenti effettuate da Greenpeace mostrano come ci siano ancora molti punti della città di Fukushima contaminati e che gli sforzi di decontaminazione sono stati finora inadeguati.

Giuseppe Onufrio, Direttore esecutivo di Greenpeace Italia