Il sistema di scambio dei crediti di emissione è un sistema tutto interno a una logica puramente finanziaria, quindi comprensibile per gli addetti ai lavori ma molto più ostico e complicato per noi comuni mortali…

In pratica, nell’ambito di un mercato virtuale, si comprano e vendono i crediti generati dalle azioni di riduzione delle emissioni di gas serra compiute dai soggetti obbligati nell’ambito del Protocollo di Kyoto e dell’Emission Trading europeo e dai soggetti esterni che vogliono investire in questo settore, sfruttando il meccanismo del mercato.

Negli ultimi tempi, anche questo mercato dei crediti, come quello finanziario globale, è stato scenario di frodi e tentativi di furto, “spaccio” di crediti falsi e crediti rivenduti più volte. Perciò, è molto positiva la decisione del Comitato sull’Emission Trading europeo di mettere al bando, a partire dal 1 aprile 2013 (sic!) l’utilizzo nel sistema europeo dei crediti riguardanti due gas serra molto nocivi: l’HFC23 e l’N2O.

Questo divieto, proposto nel novembre dalla Commissione europea, è ancora più importante se si pensa che i progetti riguardanti questi due gas coprono i 2/3 dei crediti generati nell’ambito di Kyoto. Dai lavori del Comitato è trapelata la notizia secondo cui l’Italia ha tentato in tutti i modi di rinviare se non addirittura di impedire l’approvazione della proposta anche perché alcune imprese italiane, tra cui l’Enel, hanno utilizzato in maniera massiccia questo tipo di crediti.

Nonostante fosse noto da molto tempo il pericolo di frode su questi progetti riguardanti in particolare l’HFC23 e l’N2O, Enel ha continuato a investirci molto, anche di recente. Sarebbe lecito aspettarsi dalla principale azienda energetica italiana, ancora in parte pubblica, una maggiore attenzione verso questo tipo di investimenti? E invece carbone, nucleare e crediti sospetti nel mercato delle emissioni sono il mix letale che Enel continua a preferire.

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Domenico Belli

responsabile campagna Energia e Clima