lunedì 8 ottobre 2012

Oceano Indiano, dodicesimo giorno di navigazione a bordo della Rainbow Warrior. Dopo aver fatto visita alla flotta europea impegnata nella pesca al tonno, siamo diretti a est, sud del Madagascar, alla ricerca dei pescherecci asiatici che normalmente si concentrano in queste acque.


La stagione della pesca al tonno alalunga dovrebbe essere appena iniziata, ma sono giorni che il satellite non segnala la presenza di imbarcazioni. Strano. Decidiamo di mandare l'elicottero a fare un sopralluogo e... Bingo! Intercettiamo due pescherecci taiwanesi. Il loro segnale radio è spento. Probabilmente non vogliono essere trovati. Ci avviciniamo per identificarli e chiediamo al capitano se possiamo salire a bordo. Lui accetta ma dobbiamo aspettare due ore. Un tempo sufficiente a mettere tutto in ordine. E infatti…

Sull'imbarcazione tutto è perfetto (anche troppo): i libri di bordo perfettamente compilati, nessun tonno sotto misura, nessuno squalo e nessuna pinna di squalo! Non ci era mai capitato di trovare un peschereccio taiwanese senza pinne di squali. Le pinne vengono vendute a prezzi molto alti sul mercato asiatico, fino a 740 dollari al chilo. E ogni anno si stima che vengano uccisi tra 26 e 73 milioni di squali per venderne le pinne. Circa 8000 squali uccisi in un'ora. Eppure questo pescatore ci racconta di non pescarne.

Torniamo a bordo della Rainbow Warrior e come per magia sul radar iniziano a comparire due, tre, quattro pescherecci: siamo arrivati nella zona di pesca. Questa volta cerchiamo di salire a bordo il prima possibile, per vedere cosa stanno realmente pescando.

 

lunedì 8 ottobre 2012

 

Ispezioniamo altri due pescherecci. I capitani non sono felici di vederci, le loro stive sono piene di pinne di squalo ma non c'è traccia del corpo. Tagliare la pinna agli squali e ributtarli in mare vivi è una pratica comune su pescherecci come questi che pescano con palamiti. È illegale, oltre ad essere terribilmente crudele, ma viene praticata. Controlliamo i libri di bordo e ci rendiamo immediatamente conto che sono semplici quaderni con pochi dati registrati. In alto mare, senza osservatori a bordo e ispezioni insufficienti, è impossibile tenere sotto controllo queste flotte.

Il capitano di una delle imbarcazioni ci racconta che negli ultimi anni i tonni sono più piccoli e il pesce scarseggia - in effetti, durante le ore trascorse a bordo del peschereccio non sono molti gli esemplari di tonno pescati. Il numero di pescherecci però è sempre lo stesso, e per sopravvivere le pinne di squalo possono diventare un business "necessario". Si stima che il numero di squali nel mondo si sia ridotto di circa l'80%, e un terzo delle specie di squalo oggi è considerata a rischio.

Nell'Oceano Indiano i pescherecci sono migliaia. La maggior parte proviene da flotte d'oltre oceano che, dopo aver pescato tutto ciò che potevano nelle proprie acque - si stima che negli ultimi 50 anni la biomassa di specie come tonni o squali si sia ridotta di circa il 90% - si dirigono verso oceani lontani in cerca dell'ultimo pesce, depredando risorse fondamentali per la sopravvivenza di stati costieri poveri come il Mozambico o il Madagascar.

Se in questa regione non si metterà un limite al numero di imbarcazioni presenti in mare e alle catture, l'oceano si trasformerà in un deserto.

Giorgia Monti, responsabile campagna Mare