Il pescatore indonesiano coperto dal grande cappello di tela per ripararsi dal sole, il giovane vietnamita dagli occhi tristi, il filippino piegato a raccogliere la lenza con le mani bruciate. Cambiano i pescherecci, ma le facce che ci accolgono sono sempre le stesse.

venerdì 12 ottobre 2012

 
Uomini segnati dalla fatica, curiosi di vederci ma cauti nell'accennare un sorriso. Sì, perché in queste acque lontane, dove per pescare il tonno si usano lenze lunghe fino a 80 chilometri, i "visitatori" sono pochi e le donne sono rare apparizioni.  

Continua il nostro tour di documentazione della pesca al tonno nell'Oceano Indiano. In questi giorni, a bordo della Rainbow Warrior, abbiamo incontrato una decina di pescherecci taiwanesi. La prassi è sempre la stessa. Il segnale sul radar, la chiamata al capitano, la richiesta di poter salire a bordo, e via sul gommone!  

Oggi, insieme a me ci sono la traduttrice cinese e il fotografo. Mentre cerchiamo di salire sentiamo le mani dei pescatori afferrarci con forza per non farci finire in acqua. Gridano in una lingua che non capisco. Il capitano, l'unico cinese dell'equipaggio, ci invita nella sua cabina mentre fuori c'è agitazione: un grande tonno pinna gialla è abboccato all'amo.

VITTIME DI UN SISTEMA SENZA SCRUPOLI

Esco sul ponte. Sul retro c'è una cabina non più grande di tre metri per otto. È qui che 18 uomini dormono a turno su delle semplici tavole di legno. La cucina a poppa è un piccolo angolo dove bollono zampe di gallina. C'è un ragazzo indonesiano di soli 22 anni che distribuisce i piatti sul pavimento dove prima stava pulendo le lenze. È da 4 mesi che è su questo peschereccio e ci rimarrà per altri 20 prima di ritornare a casa.

Sulle navi che abbiamo ispezionato fino ad ora le condizioni dei lavoratori sono sempre le stesse: 6 mesi in mare a pescare, qualche giorno in porto e poi di nuovo in oceano aperto, senza rivedere le proprie famiglie per due anni. Turni di 14 ore di lavoro al giorno sotto un capitano cinese che a stento capiscono, con un salario che raramente supera i 250 dollari al mese. Dall'altro lato il tonno - in questa stagione è l'alalunga - venduto a circa 75 dollari al pezzo. Il capitano ci dice che pescano tra i 20 e gli 80 tonni al giorno, insieme ad altri pesci e squali. Il calcolo è facile: qualcuno molto lontano da queste acque e questo duro lavoro sta guadagnando un sacco di soldi a scapito dell'ecosistema marino e dei lavoratori costretti a condizioni durissime per sfamare i propri cari.

Mentre tirano su un altro tonno li guardo con occhi diversi, in fondo anche loro sono delle vittime. Vittime di un sistema dove armatori senza scrupoli e grandi multi nazionali saccheggiano i mari.

venerdì 12 ottobre 2012

 
CAMBIARE È POSSIBILE

In Italia si consumano oltre 140mila tonnellate di tonno in scatola all'anno, e molto del tonno consumato viene importato proprio dall'Oceano Indiano. Le scelte dei consumatori possono fare la differenza in queste acque lontane. Dobbiamo chiedere alle grandi aziende del tonno in scatola di comprare solo tonno pescato in modo sostenibile ed equo, preferendo le piccole flotte dei paesi costieri dove i guadagni sono equamente distribuiti. Firma la petizione e chiedi al leader del tonno in scatola in Italia di non usare più metodi di pesca distruttivi!

È ora di scendere: il giovane indonesiano mi tende la mano per aiutarmi a salire sul gommone, e senza guardarmi negli occhi mi dice in un inglese incerto: "See you next time".

Sa che non ci rivedremo mai….

Giorgia Monti, responsabile campagna Mare