Siamo sbarcati, domenica è stato l'ultimo giorno a bordo della Rainbow Warrior. Dopo aver raccolto campioni al largo delle dodici miglia, sabato sera siamo arrivati a Yokohama.

Il nostro piano di ricerca prevedeva di rimanere nell'area a nord della centrale Fukushima Daiichi molto più a lungo ma, senza il permesso dalle autorità giapponesi per svolgere un monitoraggio nelle loro acque territoriali, non c'era più molto da poter fare.

Il no del governo giapponese alla richiesta di Greenpeace fa rabbia. Sembra però che la nostra presenza sia servita a spingere le autorità a fare qualcosa. Proprio gli scorsi giorni sono stati pubblicati i primi risultati sulla contaminazione dei sedimenti al largo della costa di Fukushima, l'area che avevamo indicato nel nostro progetto di ricerca come sito per effettuare i campionamenti.

Purtroppo, come sospettavamo, i dati non sono rassicuranti. Le autorità hanno riscontrato un forte accumulo di cesio 137, un elemento radioattivo con un'emi-vita di ben 30 anni, che potrebbe accumularsi nella catena alimentare ponendo in serio pericolo la salute della popolazione per molti anni a venire!

Giovedì scorso ho fatto parte del team che in gommone è andato a raccogliere campioni di acqua e alghe spingendosi al limite delle acque territoriali. Prima di salire sul gommone, Jabob, l'RSA (Radiation Safety Advisor) ci ha preparati nell'ospedale di bordo: tuta tyvek, guanti di lattice, maschera, stivali di gomma, una seconda tuta protettiva completamente impermeabile, doppio paio di guanti di plastica e il tutto sigillato da grandi bande di nastro adesivo. Mi sono sentita quasi soffocare con tanta romba addosso, e la maschera quasi mi tappava gli occhi.

Con me Toumas, uno dei marinai alla guida del gommone, Jeremy, il fotografo scozzese, Sakyo, l'attivista giapponese, e Jacob. Le operazioni si sono svolte a circa 30 Km dalla centrale, nella zona a nord. Questa parte della costa è stata quella maggiormente colpita dallo tzunami. Nel cammino abbiamo incontrato diversi pezzi di legno, vecchie lampade, addirittura tappeti e tende….tra noi è sceso uno strano silenzi, questo mare ha portato con se la vita di migliaia di persone e a causa della contaminazione radioattiva minaccia quella di molte altre.

Durante la mattinata fuori, Jeremy ha individuato un'enorme massa marrone che galleggiava sull'acqua: si trattava di alghe miste a fango e con lo spettrometro gamma portatile abbiamo rilevato alta radioattività. Le operazioni sono proseguite fino alle 11:30 ora locale. Tutti i campioni sono stati poi analizzati nel laboratorio allestito a bordo della nave e, in un secondo momento, in uno più specializzato a terra.

Domenica, mentre preparavamo i campioni affinché venissero sbarcati, abbiamo ricevuto a bordo diversi giornalisti. Con loro anche alcuni membri dell'ufficio giapponese di Greenpeace che ci hanno accolto con grande calore. È stato bello poterli conoscere di persona dopo tanti giorni passati a scriverci e-mail.

Per l'ufficio giapponese in questo momento è fondamentale poter fornire alla popolazione dati indipendenti sul rischio da radiazione. Il Governo sta diffondendo ben poche informazioni e non ha ancora iniziato un monitoraggio preciso della contaminazione degli organismi in mare.

In Giappone, ci raccontano, sono tutti molto preoccupati perché il pesce è centrale nella loro dieta, ma a essere preoccupate sono soprattutto le popolazioni costiere la cui economia si basa proprio sul mare. Tra poco inizierà la stagione della raccolta delle alghe e ancora nessuno sa cosa succederà. Per non parlare dei pescatori, che in questi giorni quasi non escono in mare in attesa di sapere cosa devono fare.

E' ora di sbarcare. Prima di scendere dalla Rainbow Warrior, saluto l'equipaggio che mi ha accompagnata in questo viaggio. Mentre abbraccio i ragazzi con cui ho condiviso tanto nelle ultime tre settimane un'ombra di tristezza mi avvolge: questa sarà probabilmente l'ultima volta che navigherò sulla Rainbow Warrior II.

Giorgia Monti, campaigner Mare di Greenpeace Italia