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I nostri mari in un mare di guai

News - 3 maggio, 2007
La crisi del mare, i problemi della pesca, le responsabilità della politica e le possibili soluzioni: sono questi i temi di "In un mare di guai", il nuovo rapporto di Greenpeace presentato oggi a Roma. Alla conferenza stampa di presentazione è intervenuta anche Romina Power, nuova testimonial della campagna mare di Greenpeace. IL VIDEO

Una foto della conferenza di presentazione del rapporto "In un mare di guai", con la partecipazione di Romina Power, nuova testimonial della campagna Mare di Greenpeace.

Intere popolazioni ittiche spariranno entro la metà di questo secolo. Rischiamo di rimanere con un pugno di meduse in mano. E in alcune aree del mondo questa affermazione potrebbe addirittura assumere un tragico senso letterale.

La pesca industriale, effettuata senza criterio, con imbarcazioni sempre più potenti e attrezzature sempre più sofisticate - anche se non selettive - mette a dura prova i delicati equilibri degli ecosistemi marini.

Il problema principale è quello della "sovra-capitalizzazione": troppi soldi vengono investiti in navi, reti e mercati sempre più grandi per lo sfruttamento delle risorse ittiche. Il mare non riesce a tenere il passo. E le piccole comunità di pescatori sono le prime a subire gli effetti di questa situazione, perché la pesca è diventata un affare per pochi e grandi gruppi economici, capaci di investire enormi capitali su attività sempre più aggressive.

La documentazione fotografica della breve ricognizione nei porti di Riposto (Giarre) e Giardini Naxos, tra Catania e Messina

Il rapporto presentato oggi denuncia i limiti storici e le inefficienze delle politiche di gestione della pesca. Quella degli oceani è, difatti, una governance sterile e inefficace, che si perde in grandi affermazioni di principio, ma non riesce a bloccare le pratiche di pesca più pericolose, nonostante i divieti in vigore.

In Italia abbiamo il caso emblematico delle spadare, bandite dall'Unione Europea eppure ancora utilizzate, anche grazie alla confusa e inadeguata normativa italiana: solo qualche settimana fa Greenpeace ha effettuato una breve ricognizione nei porti di Riposto (Giarre) e Giardini Naxos, tra Catania e Messina e sono state osservate due imbarcazioni con un quantitativo sospetto di reti a bordo.

Un altro esempio di cattiva gestione della pesca nel Mediterraneo è quello del tonno rosso, utilizzato per il sushi adorato in Giappone: oltre l'80 per cento dello stock è ormai perduto, ma gli Stati continuano ad assegnarsi quote legali doppie - circa 30.000 tonnellate - rispetto a quanto la ricerca scientifica indica per preservare questa risorsa.

Greenpeace chiede una svolta: occorre ripensare il modello di gestione delle risorse ittiche. Il principio precauzionale, l'approccio ecosistemico e le reti di riserve marine non possono rimanere formule vuote. Devono diventare i principi ispiratori di una nuova e concreta politica del mare.