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Marea Nera: un'estate da dimenticare

Estate catastrofica per i mari e gli oceani di tutto il mondo.

News - 23 agosto, 2006
Alaska, Filippine, Libano, India. Quattro disastri ambientali in poche settimane. Un'escalation devastante di incidenti e sversamenti di petrolio. Un'estate nera per i mari di tutto il mondo. Occorre bloccare i sussidi all'industria petrolifera e del carbone e puntare su efficienza energetica e fonti rinnovabili.

L'estate del 2006 è stata un'estate disastrosa per i mari e gli oceani di tutto il mondo. In poche settimane si sono verificati ben quattro incidenti e sversamenti di petrolio in mare, in Alaska, Libano, India e nelle Filippine.

Non sono bastati incidenti gravissimi come quello della Prestige nel 2002 in Galizia a far rispettare le leggi internazionali. Così le "carrette del mare" continuano a solcare gli oceani di mezzo mondo, e i pericoli per l'ambiente sono reali e costanti. Olio combustibile, petrolio, benzine e altri derivati vengono ogni giorno dispersi in mare da navi e petroliere. Perdite frequenti si hanno inoltre dagli oleodotti. Gli ecosistemi marini, già stressati da una pesca intensiva e distruttiva, sono ora stati colpiti da quattro disastri ecologici avvenuti tra luglio e agosto. Un'estate davvero nera, è il caso di dirlo. Clicca sulla mappa per saperne di più.

Leggi le schede di approfondimento sui disastri ecologici avvenuti in Alaska, Filippine, Libano, India.

È ormai chiaro che gli incidenti legati all'estrazione, produzione e distribuzione di prodotti petroliferi capitano con disarmante facilità e continuano a verificarsi in tutto il mondo, provocando sempre nuovo imbarazzo per le società petrolifere, e sempre nuove paure per Greenpeace e le altre associazioni ambientaliste.

Le preoccupazioni sono motivate dal fatto che, anche dopo gli interventi di mitigazione e bonifica, un vero ritorno alle condizioni iniziali non è possibile. Nel caso di una perdita in mare, ad esempio, si usano di solito barriere galleggianti gonfiabili per contenere l'espandersi della fuoriuscita e pompe per prelevare le sostanze oleose. Non sempre tali operazioni sono possibili a causa della viscosità delle sostanze, e a seconda delle condizioni del mare. Le tecniche di sequestro sono ancora più complicate quando la marea nera colpisce le coste.

Anche in condizioni ideali, con risorse e attrezzature appropriate utilizzate tempestivamente, non è possibile recuperare più del 20 per cento delle sostanze tossiche rilasciate in caso di incidente.

Per questo Greenpeace chiede che si passi al più presto all'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, così da abbandonare progressivamente la dipendenza dal petrolio e dai suoi derivati. In tutto il mondo il petrolio continua ad essere la prima fonte primaria di energia, rappresentando il 36 per cento del fabbisogno totale di energia (il carbone è al secondo posto con circa il 28 per cento). L'utilizzo di combustibili fossili è inoltre alla base del riscaldamento globale che sta sconvolgendo il pianeta.

Quanti altri incidenti si verificheranno da qui alla fine dell'anno? Greenpeace è stanca di gridare al disastro ecologico e chiede che vengano definitivamente tagliati i sussidi europei all'industria petrolifera e del carbone. Al contempo tali risorse economiche devono essere destinate allo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili e dell'efficienza energetica.

Fonti rinnovabili ed efficienza energetica rappresentano l'unica risposta concreta per eliminare incidenti di contaminazione da petrolio, oltre che l'unico modo per arrestare il riscaldamento globale che sta mettendo a rischio il futuro del Pianeta.