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Chi cambia il clima

Dopo aver abbattuto foreste, arato terreni, aperto canali e strade, costruito città, l’uomo è arrivato a uno stadio superiore di intervento sulla Terra: è diventato, per dirla con gli scienziati, un “agente di trasformazione planetaria”., «L’umanità rappresenta oggi una vera e propria forza geologica in continua e illimitata crescita», scriveva nel secolo scorso il geochimico russo Vladimir Vernadskij, padre dell’ecologia globale.

Se vogliamo individuare il momento in cui avviene il salto di qualità indicato da Vernadskij, non possiamo che guardare al Settecento, alle origini di quella Rivoluzione industriale che inaugura la stagione delle macchine a vapore e spinge la popolazione mondiale a una crescita senza precedenti – dagli 800 milioni circa di metà secolo ai 6 miliardi abbondanti del Duemila –, ma speriamo non illimitata. L’uomo – che ha già conquistato il Pianeta, almeno nella sua porzione abitabile, nei secoli precedenti – abbandona i mulini a vento e consolida la sua capacità d’intervento per mezzo della tecnologia industriale.

Mai prima d’ora l’azione dell’uomo ha inciso tanto sull’ambiente circostante, e mai questa azione è stata così forte e diversificata come adesso.
Vladimir Vernadskij

Il motore dell’industrializzazione è l’energia termica originata dalla combustione di carbone, petrolio, gas naturale: infatti è bruciando questi combustibili – che vengono chiamati “fossili” perché si sono formati per decomposizione di sostanze organiche vegetali o marine – che si muovono le macchine. Purtroppo, nel corso della combustione, queste fonti liberano il carbonio immagazzinato, restituendolo all’atmosfera sotto forma di anidride carbonica e di altri gas serra. Quello che millenni di evoluzione geologica avevano nascosto sotto la crosta del pianeta viene ora reinserito in circolazione. Andando ad alterare l’effetto serra naturale, e quindi il clima.

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Non c'è vento da perdere. Né energia da sprecare

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Polo Nord. La nuova sfida di Francesco Galanzino.

News | 29 marzo, 2007 a 19:06

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