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Greenpeace blocca i pirati del mare

Gli attivisti di Greenpeace a bordo dell'Arctic Sunrise hanno sequestrato 2 chilometri di reti spadare a un peschereccio (dal nome probabile di Diomede II) che nel Mar Ionio, a 25 miglia (c.a. 50 km) al largo di Capo Spartivento, stava utilizzando in acque internazionali circa 10 km di spadara vietata nell'Ue dal 2002. Nelle reti, con la maglia della cosiddetta "ferrettara" (8 cm di maglia), erano intrappolati undici tonni rossi e una piccola tartaruga marina (c.a. 30 cm) in fin di vita.

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La pesca

In pochi decenni, i pescherecci industriali hanno razziato e quasi distrutto le proprie zone di pesca. Queste flotte, invece di ridurre la capacità di pesca, cercano adesso di spostare il loro raggio di azione verso il Pacifico e l'Africa Occidentale. Piuttosto che risolvere i problemi a casa loro, le flotte dei pescherecci del Nord li spostano verso gli oceani del Sud, ancora relativamente in buona salute. Il futuro di questi oceani e delle comunità costiere che da essi dipendono è sempre più in balìa di pescatori senza scrupoli e di una crescente domanda di pesce su scala globale.

Circa il 90% degli stock ittici mondiali è già pienamente o eccessivamente sfruttato. Inoltre la quantità di pesce che la gente mangia continua ad aumentare: dal 1960 ad oggi il consumo pro capite di pesce è infatti quasi raddioppiato. Secondo molti biologi marini, proprio lo sfruttamento intensivo del patrimonio ittico è la minaccia più grande all'equilibrio degli ecosistemi marini.

La pesca danneggia gli ecosistemi sia quando è eccessiva sia quando è condotta con sistemi distruttivi. Molte tecniche di pesca sono tutt'altro che selettive: oltre alle specie bersaglio, vengono catturati - e poi gettati in mare morti o morenti - molte altre specie o esemplari giovani delle stesse specie bersaglio. La cattura accidentale di mammiferi, uccelli marini, tartarughe, squali e di molte altre specie è ancora uno dei principali problemi in molte zone del mondo.

Un altro grave problema è quello della pesca pirata: dagli oceani al nostro Mediterraneo la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (INN) – sta flagellando l’ecosistema marino.

Secondo Greenpeace l’unico modo di salvare il mare è quello di stabilire una rete di riserve marine, eliminare la pesca illegale e ridurre lo sforzo di pesca eliminando i metodi di pesca più distruttivi e dando priorità di accesso alle risorse della pesca a chi pesca nel modo più sostenibile.

All’inizio del 2014, con l’approvazione della nuova Politica Comune della Pesca (PCP), l’Unione Europea e gli Stati Membri, sotto le spinte di molte ONG tra le quali Greenpeace, si è impegnata a garantire la sostenibilità ambientale, economica e sociale della pesca in UE. Ciò significa che gli Stati Membri, e quindi anche l’Italia, sono chiamati a stabilire regole di gestione delle flotte che siano in equilibrio con le risorse che abbiamo a disposizione, garantendo il recupero delle specie sovrasfruttate ed un accesso equo e sostenibile alle risorse marine.

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