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In azione contro il ritorno del carbone in Veneto

Comunicato stampa - 20 luglio, 2011
Oggi, mentre il Consiglio Regionale del Veneto si riunisce per l'approvazione della legge "salva carbone" a Porto Tolle, attivisti di Greenpeace manifestano davanti alla sede del Consiglio a Palazzo Ferro-Fini, sul Canal Grande a Venezia. Gli attivisti hanno ormeggiato davanti all'edificio un'imbarcazione carica di carbone, con un chiaro messaggio indirizzato al presidente Luca Zaia scritto su uno striscione di cinque metri: "Il carbone pulito non esiste". Gli attivisti hanno eretto dinanzi alla sede del Consiglio una ciminiera alta tre metri ed esposto un secondo striscione, su cui si legge "Il futuro secondo Zaia? Nero come il carbone".

Greenpeace contesta il progetto di modifica della legge che regola la presenza di centrali termoelettriche nel territorio del Parco del Delta del Po. Tale modifica potrebbe rilanciare il progetto di conversione a carbone della vecchia centrale a olio combustibile di Porto Tolle, già bocciato dal Consiglio di Stato.

"Quella in discussione oggi a Palazzo Ferro-Fini è una norma "ad aziendam" che darebbe modo all'Enel di produrre elettricità attraverso la fonte più inquinante e nociva per il clima, impattando su un'area protetta, quella del parco del Delta del Po, e su larga parte del Nord Est e della pianura Padana - commenta Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace - Enel contribuirebbe molto di più alla crescita del Paese e alla ricchezza del territorio investendo i 2,5 milioni di euro, previsti per la centrale a carbone, in energia pulita o in efficienza energetica".

Una centrale a carbone a Porto Tolle comporterebbe l'emissione di oltre 10 milioni di tonnellate l'anno di CO2: l'equivalente di oltre 4 volte le emissioni annuali di una città come Milano. Porto Tolle diventerebbe così la seconda fonte "clima killer" in Italia, dopo la centrale Enel di Brindisi. In più l'impianto a carbone emetterebbe 2.800 tonnellate l'anno di ossidi di azoto (quanto 3,5 milioni di auto nuove in un anno) e 3.700 tonnellate di ossidi di zolfo, pari queste ultime a 2,3 volte le emissioni annue dell'intero settore trasporti in Italia.

Davanti alla vecchia centrale a olio c'è il terminal gasifero offshore più grande del mondo. Convertire la centrale a gas (invece che a carbone) costerebbe, a parità di potenza, la metà; occuperebbe poco meno e inquinerebbe molto meno. Se poi Enel spendesse quei soldi in fonti energetiche rinnovabili, occuperebbe, in fase di costruzione e installazione fino a tre volte di più che con il carbone e in fase di funzionamento e manutenzione fino a diciassette volte di più. Quegli stessi soldi, investiti in efficienza energetica, produrrebbero oltre dieci volte l'occupazione della centrale a carbone e farebbero risparmiare tre milioni di tonnellate l'anno di CO2.

"Il vero futuro è nelle energie rinnovabili e nell'efficienza energetica. Negli USA, notizia di questi giorni, è fallito il più grande progetto al mondo per il carbone così detto 'pulito'. Solo in Cina si continua a investire su quella fonte: è quello il nostro modello di sviluppo?" conclude Boraschi.

Greenpeace lancia oggi una petizione online (http://www.greenpeace.org/italy/it/campagne/Salviamo-il-clima/pericolo-carbone/), attraverso cui ogni cittadino può inviare al presidente Zaia esplicita richiesta di ritiro della legge "salva carbone".

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