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Un "bidone" nucleare sovietico per ENEL

Comunicato stampa - 2 maggio, 2006
Proprio nel ventennale dell'incidente di Cernobyl, l'Enel ha annunciato l'acquisizione della società slovacca "Slovasnke Elektrarne". L'accordo prevede il completamento di due vecchi reattori nucleari di progettazione sovietica. Si tratta di due reattori ad acqua pressurizzata del tipo VVER 440-213 da 408 MW ciascuno la cui costruzione, iniziata nel 1983, fu fermata definitivamente nel 1993, anno della separazione della Cecoslovacchia, quand'erano costruiti al 50%.

Attivisti di Greenpeace in azione presso la sede dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, che si trova a Vienna. Gli attivisti hanno recapitato un campione di suolo contaminato da radiazione e proveniente dalla zona di Cernobyl

Nel trattato di adesione all'Ue, il governo slovacco si è impegnato a chiudere entro il 2008, per ragioni di sicurezza, due reattori della stessa potenza ma di prima generazione del tipo VVER 230, per così dire "proibiti" in Europa, che si trovano a Bohunice e questi due di Mochovce dovrebbero rimpiazzarli. I tentativi di finanziarne il completamento furono respinti dalla Banca Europea per la ricostruzione e lo sviluppo mentre un reattore dello stesso tipo è stato chiuso dopo l'unificazione della Germania a Greisfwald (ex Ddr), appena entrato in funzione, mentre veniva bloccata la costruzione di altre tre unità di terza generazione VVER 1000 più nuove di quelle che Enel dovrà completare ora.

"È il modo peggiore di commemorare Cernobyl: il completamento dei due reattori verrà a costare 1,6 miliardi di euro per 816 MW, quasi 2000 euro per kW, cinque volte il costo di una centrale a gas di pari potenza, persino un costo maggiore di una centrale nucleare di nuovissima generazione. Mentre in realtà si tratta di tecnologia sovietica di progettazione "ante-Cernobyl". Oltre alle preoccupazioni sul piano della sicurezza, che in Germania hanno portato alla chiusura di reattori ancora più nuovi, è anche un pessimo affare di un'industria la cui proprietà è ancora per una quota nelle mani dello stato" dichiara Giuseppe Onufrio, direttore delle campagne di Greenpeace.