Comunicato stampa - 16 novembre, 2007
Greenpeace sa che la flotta baleniera giapponese sta ritardando la sua partenza verso l’Antartide per evitare imbarazzi diplomatici con gli Usa durante la visita odierna a Washington del Primo Ministro giapponese Yasuo Fukuda. Queste navi si nascondono nel porto giapponese di Shimonoseki, ma ad attendere i balenieri al limite delle acque territoriali c’è la nave di Greenpeace Esperanza che seguirà come un’ombra questa flotta di assassini di balene. Quest’anno a bordo dell’Esperanza ci sono tre attivisti di nazionalità italiana: Caterina Nitto (secondo ufficiale), Gianluca Morini (radio operatore), Simona Fausto (assistente cuoco).
Dalla Yushin Maru, nave da caccia della flotta giapponese, parte un primo arpione che ferisce una balena. Ma servono altri tre colpi di arpione per uccidere la balena ferita in fuga.
Quest'anno, la caccia baleniera "scientifica" del Giappone
prevede, nel Santuario dell'Oceano Antartico, l'uccisione di oltre
mille balene, comprese cinquanta balenottere comuni e cinquanta
megattere: due specie in pericolo. La Commissione Baleniera
Internazionale ha chiesto al Giappone di fermare il massacro nel
Santuario.
"Invece di nascondere la flotta baleniera, il Signor Fukuda
dovrebbe cancellare il programma di caccia baleniera in Antartide
che isola il suo Paese dalla grandissima maggioranza delle nazioni
civili" dichiara Alessandro Giannì, responsabile della campagna
Mare di Greenpeace Italia. "Non c'è posto in Antartide per la
caccia baleniera. L'Antartide è un posto di pace e di ricerca
scientifica, e questa non è ricerca."
Un sondaggio pubblicato in Giappone nel giugno 2006 dal Nippon
Research Centre, affiliato alla Gallup, ha mostrato che oltre due
terzi dei giapponesi intervistati disapprova la caccia baleniera in
Antartide e che il 95 per cento non mangia mai, o solo raramente,
carne di balena. E' per questo che nei magazzini giapponesi sono
ammassate circa 4.000 tonnellate di carne di balena invendute:
hanno anche provato a usarla come mangime per cani!
"La fasulla ricerca scientifica giapponese sulle balene non ha
mai prodotto un dato utile" aggiunge Giannì. "E' solo uno sporco
trucco per rubare soldi ai contribuenti giapponesi: gli scienziati
non hanno bisogno di uccidere le balene per studiarle!"
La caccia baleniera, inoltre, mette a rischio l'attività del
whale watching (la pacifica osservazione delle balene in mare) che
è un'importante risorsa economica per alcuni Paesi del Pacifico
come Tonga: lì una singola megattera può avere un controvalore
economico equivalente a un milione di dollari. L'intera industria
mondiale del whale watching ha un mercato mondiale di un miliardo
di dollari l'anno.
Le balene valgono molto più da vive che da morte. Per questo
Greenpeace ha lanciato una proposta per una rete di riserve marine
che copra il 40 per cento dei mari del Pianeta, inclusa una
proposta specifica nel Mediterraneo. Questa rete servirà a
proteggere gli ecosistemi pelagici e quindi anche i cetacei.