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Greenpeace: ecco il necrologio di Copenhagen

Comunicato stampa - 1 febbraio, 2010
E’ fallito l’obiettivo dell’accordo di Copenhagen. Entro il 31 gennaio i vari Paesi partecipanti avrebbero dovuto comunicare i propri impegni di riduzione dei gas serra, è chiaro che di questo passo non sarà possibile impedire che l’aumento della temperatura media mondiale non superi i 2°C.

Think or swim

La comunicazione di impegni ambiziosi, entro il 31 gennaio, doveva essere il primo "punto d'azione" di un accordo non vincolante stilato da alcuni Paesi, e adottato da molti altri, durante il summit sul clima di Copenhagen dello scorso dicembre.

Considerato che gli impegni comunicati sono sostanzialmente gli stessi di quelli resi noti prima del summit, è evidente che questo accordo non è servito a far cambiare idea a chi sta uccidendo il clima del pianeta. Gli impegni presi, infatti, ci portano dritti a un aumento di temperature stimabile in +3/3,5 °C. Le conseguenze di questo suicidio planetario sono illustrate dal rapporto di Greenpeace "Il Terzo Grado".

<<Questo accordo è una presa in giro per prendere tempo - denuncia Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace - Solo un cinico esercizio di pubbliche relazioni per riciclare proposte vecchie, inutili e pericolose>>.

L'accordo di Copenhagen si è dimostrato una bufala. Se i grandi inquinatori del clima non sono riusciti a proporre niente di nuovo sulle emissioni come possiamo credere che davvero entro il 2012 trovino i nuovi fondi promessi per sostenere i Paesi in via di sviluppo nel contenimento degli effetti del cambio climatico.

<<Oggi possiamo scrivere il necrologio del presunto "Accordo di Copenhagen" e chiedere che a Città del Messico a fine anno si giunga finalmente ad un Accordo Globale equo, ambizioso e vincolante che porti rapidamente ad una reale riduzione delle emissioni>> aggiunge Giannì.

L'accordo di Copenhagen si è dimostrato un pericoloso "green-washing" per spacciare come azione efficace la trita ripetizione di obiettivi che di fatto portano ad una riduzione delle emissioni per i Paesi industrializzati solo dell'11-19% (6-14% senza crediti forestali). Per giungere all'obiettivo dei 2°C di aumento massimo, le riduzioni di emissioni di gas serra (rispetto al 1990) devono essere del 40% entro il 2020.

Anche i Paesi in via di sviluppo devono ridurre le emissioni del 15-30% rispetto al trend attuale, sempre al 2020. Un processo che deve essere sostenuto da nuovi investimenti, per un totale stimato in 140 miliardi di dollari l'anno, per consentire a questi Paesi di passare a tecnologie pulite e di resistere al meglio ai terrificanti scenari che il disastro climatico ci prospetta.

Notes: Link rapporto “Il terzo grado” http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti/clima-gradi-ue

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