Comunicato stampa - 10 dicembre, 2004
Greenpeace sta seguendo con crescente preoccupazione l'evolversi della crisi ambientale in Alaska, dove si è spezzato in due un cargo che portava olio combustibile in prossimità delle isole Aleutine. Anche se le proporzioni dell'incidente sembrano distanti da quello della Exxon Valdez, dove finirono in mare 40.000 tonnellate di gasolio, la zona colpita è ancora una volta quella dell’Alaska, di elevato interesse ambientale, dove vivono leoni di mare, foche, lontre di mare e granchi giganti.
crisi ambientale in Alaska, dove si è spezzato in due un cargo che portava olio combustibile in prossimità delle isole Aleutine.
"Mentre assistiamo all'intervento delle squadre che cercano di
evitare che dallo scafo della nave fuoriescano 1.600 tonnellate di
olio pesante e 80 mila litri di gasolio, ci domandiamo quanti anni
ci vorranno per il ripristino ambientale. Nel caso del disastro
della Prestige, al largo della Galizia, ci vorranno ancora anni ed
anni perché l'ecosistema recuperi ed in entrambi i casi, l'olio
pesante fuoriuscito è molto denso e pesante e difficile da pulire,
in particolare con il clima rigido che si registra in Alaska. Non è
possibile recuperarlo con l'uso di detergenti che comunque sarebbe
sconsigliabile per motivi ambientali. L'unica possibilità è la
rimozione fisica, ma sarà un lavoro improbo" commenta Roberto
Ferrigno, direttore campagne di Greenpeace. Per l'associazione
ambientalista questo nuovo disastro dovrebbe far riflettere i
delegati alla Cop 10 di Buenos Aires:
"È ora di agire. Gli Stati Uniti, responsabili di un quarto
delle emissioni di gas serra nel mondo continuano a comparire nelle
cronache nere ambientali. Questo disastro petrolifero nel loro
territorio, non lontano da dove Bush ha dato il via libera alle
trivellazioni petrolifere dovrebbe far riflettere" afferma
Ferrigno.