Comunicato stampa - 23 gennaio, 2008
Greenpeace sostiene pienamente l’impegno della Commissione europea a incentivare lo sviluppo delle energie rinnovabili in Europa. La presentazione del pacchetto sull’energia di oggi è un primo passo concreto verso la rivoluzione del mercato europeo dell’energia ma, secondo l’Associazione, i progetti di legge avrebbero dovuto essere più incisivi e ambiziosi.
TARGET RINNOVABILI - L'implementazione del target del 20% al
2020 è fondamentale per avviare una rivoluzione energetica pulita
con cui fronteggiare la crisi climatica e aumentare la sicurezza
energetica dell'Europa. Tuttavia, l'obiettivo di aumentare al 10%
il consumo di biocarburanti nel settore dei trasporti è sbagliato e
dovrebbe essere accantonato. Al momento i criteri di sostenibilità
proposti dalla Commissione sono insufficienti e il target solleva
gravi preoccupazioni sulle sue ripercussioni ambientali e
sociali.
EMISSIONI GAS SERRA - L'impegno per ridurre le emissioni europee
del 20% al 2020 è un passo indietro che non fa onore alla volontà
dell'Europa di guidare la lotta ai cambiamenti climatici. Si tratta
di un obiettivo inferiore agli stessi impegni di riduzione assunti
a Bali da tutti i Paesi industrializzati (taglio del 25-40%).
Greenpeace continuerà a battersi affinché l'Europa riduca le
proprie emissioni del 30 per cento al 2020. È questo lo sforzo
necessario per contenere l'aumento della temperatura media globale
al di sotto di +2°C, così come confermato dalle attuali conoscenze
scientifiche.
NUOVO ETS - Il pacchetto energia include anche le regole per il
nuovo "Sistema europeo di scambio delle emissioni" (ETS) che
partirà dal 2013. La Commissione ha avuto il merito di diminuire
l'ammontare delle quote assegnate gratuitamente e di abbattere il
livello complessivo delle stesse del 30% al 2020. Greenpeace
ritiene tuttavia che questo dovrebbe essere un obiettivo da
raggiungere nell'UE senza ricorre a interventi in Paesi terzi.
CATTURA DELLA CO2 - Greenpeace infine critica fortemente
l'apertura della Commissione alle tecniche di "cattura e stoccaggio
della CO2" (CCS), una tecnologia ancora immatura, costosa e
potenzialmente dannosa che rappresenta una scusa per continuare a
costruire centrali a carbone, con la falsa promessa che possano
essere "CO2 free". Ci vorranno infatti 20 anni per verificare gli
aspetti economici e tecnici del CCS, mentre le fonti rinnovabili
sono già oggi a disposizione.