Comunicato stampa - 24 maggio, 2005
I paesi europei non dovrebbero coltivare i mais Bt geneticamente modificati perché rappresentano una potenziale minaccia per l'ambiente. Questo è quanto affermato dal Professor Béla Darvas, dell'Accademia delle Scienze Ungherese, ospite della conferenza stampa organizzata oggi a Bruxelles da Greenpeace. Il Prof. Darvas ha puntato il dito sulla necessità di ulteriori studi sugli effetti delle coltivazioni Ogm e ha criticato la riluttanza dell'industria biotech a collaborare con scienziati indipendenti.
Mais geneticamente modificato.
I risultati delle ricerche commissionate al Prof. Darvas dal
governo ungherese sul mais transgenico della Monsanto, Mon810,
hanno portato l'Ungheria, lo scorso gennaio, a imporre il divieto
di questo tipo di coltivazione, autorizzata invece dall'Ue con ben
17 varietà di questo Ogm, iscritte nel registro europeo delle
sementi. Le sue scoperte preliminari in Ungheria mostrano che
alcune specie protette di farfalle e altri organismi sono sensibili
alle tossine Bt prodotte da queste colture, sollevando ulteriori
interrogativi riguardo ai possibili effetti secondari.
"Il mais Bt può avere gravi e non volute conseguenze su diverse
specie. L'Ungheria non può permettersi il rischio di autorizzare la
coltivazione di questo mais fino a quando non saranno adeguatamente
studiati i reali effetti che può avere sull'ambiente. E' per questo
che l'Ungheria ha adottato un approccio precauzionale vietando il
Mon 810" ha dichiarato il Prof. Béla Darvas.
Il Professor Darvas ha inoltre espresso le sue preoccupazioni
sul fatto che le aziende biotech non collaborano con gli
scienziati: "Abbiamo chiesto diverse volte alla Monsanto di
fornirci il materiale necessario per condurre ulteriori ricerche
per conto del governo ungherese, ma l'azienda ha comunicato che non
desidera fornire altri semi geneticamente modificati a scopo di
ricerca. Questo è assolutamente inaccettabile dal punto di vista
scientifico" afferma Darvas. " Non possiamo interrompere gli studi
sulla sicurezza delle coltivazioni Ogm solo perché i risultati non
sono di gradimento dell'industria biotech. Se questo riflette il
grado di considerazione in cui queste aziende tengono gli impatti
dei loro prodotti sull'ambiente, abbiamo tutte le ragioni per
essere veramente allarmati".
Greenpeace è preoccupata che la potenziale minaccia per
l'ambiente del mais Bt e di tutte le altre coltivazioni
geneticamente modificate venga consistentemente sottovalutata
dall'Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA). "L'attuale
ed esclusiva fiducia nei dati forniti dalle aziende biotech è
irresponsabile da parte dell'EFSA, che sugli Ogm non sta
assicurando il principio di precauzione", ha affermato Federica
Ferrario di Greenpeace. "L'Unione Europea deve assicurare che il
principio di precauzione, che è il cuore della legislazione europea
in materia di OGM, venga rispettato dall'EFSA". Quanto siano
necessari studi approfonditi sugli OGM e quanto sia velleitario
pensare di controllarli lo conferma la notizia arrivata oggi dal
Giappone: intorno ai principali porti del Sol Levante crescono
spontaneamente campi di colza geneticamente modificata (GE). E' la
conseguenza della contaminazione accidentale dovuta alle operazioni
di carico e scarico delle sementi dalle navi, secondo quanto
riferito dall'Istituto nazionale giapponese per gli studi
ambientali, che ha trovato colza transgenica intorno a otto dei
dieci principali porti. Ma campi spontanei di colza GE sono stati
trovati anche lungo una delle strade di trasporto via terra, a ben
trenta chilometri dal porto di Kashima.