Comunicato stampa - 25 luglio, 2005
La nave di Greenpeace, "Esperanza" è arrivata oggi nell'Atlantico nordoccidentale per documentare la devastazione indiscriminata dell'ecosistema dei fondali da parte del metodo di pesca industriale più distruttivo, la pesca a strascico in profondità.
Il 60% della pesca a strascico in profondità avviene proprio
nell' Atlantico nordoccidentale ad opera di alcuni Paesi come
Portogallo, Spagna, Germania, Canada e Russia.
I pescherecci usano reti sottomarine lunghe anche 40 chilometri
che vengono trascinate sul fondale attraverso pesanti catene che
distruggono tutto quello che incontrano, dalla barriera corallina
alle spugne, fino ad ogni forma vivente incontrata. Un elevato
numero di pesci che non hanno valore commerciale vengono poi
pescati e rigettati in mare morti.
"Sono dei bulldozer degli oceani che distruggono tutto quello
che incontrano. Se le Nazioni Unite non adottano subito una
moratoria a questa pratica, molta della biodiversità degli Oceani
scomparirà ed anche sui banchi delle pescherie arriverà ben poco"
afferma Bunny McDiarmid, reponsabile Oceani di Greenpeace.
In Canada esiste un'organizzazione che regola la pesca a
strascico in profondità, ma i risultati ottenuti sono deludenti,
secondo un rapporto reso noto oggi da Greenpeace. Il merluzzo è una
delle prime vittime del sovrasfruttamento delle risorse ittiche.
Già alla fine degli anni '80 i merluzzi dell'Atlantico
nordoccidentale erano in forte diminuzione e dal '92 è in vigore in
quell'area una moratoria.