Greenpeace propone l'istituzione di un network internazionale di riserve marine, per tutelare la biodiversità degli ecosistemi del mare e mitigare gli impatti del cambiamento climatico.
"Il Consiglio Pesca è una piaga per i mari europei" denuncia
Alessandro Giannì, Responsabile della Campagna Mare di Greenpeace
Italia. "A meno di un cambiamento di rotta e di un reale
coinvolgimento dei ministri dell'Ambiente, dovremo presto
affrontare in Europa un collasso ambientale ed economico nei
sistemi di pesca".
Sin dai primi anni '80, l'incompetenza del Consiglio Pesca Ue ha
portato ad un declino degli stock ittici. Contro ogni evidenza
scientifica, il Consiglio ha adottato quote così elevate da
minacciare la biodiversità dei mari europei. La Commissione Europea
ha calcolato che dal 2003 al 2007 le quote sono state fissate, in
media, a livelli che superano del 50% le raccomandazioni dei
ricercatori.
Uno studio recente, commissionato dalla Commissione Europea (*),
suggerisce che la Pesca nell'UE è tra le più insostenibili e le
meno redditizie del mondo. Il sistema si regge sui sussidi
pubblici, a spese dei contribuenti europei. Ad esempio, l'Ue ha
proposto e quindi adottato un piano di conservazione del tonno che
permette di pescare circa 30.000 tonnellate di tonno rosso, contro
l'opinione della ricerca scientifica che suggerisce di non superare
le 15.000 tonnellate.
"Se il Consiglio Pesca dell'Unione Europea fosse un'impresa
privata, questi Ministri sarebbero stati licenziati da un pezzo,
per negligenza ed inefficienza. Non sono riusciti ad assicurare né
la sostenibilità economica del settore, né la protezione
dell'ambiente o la gestione sostenibile degli stock ittici"
aggiunge Giannì.
Greenpeace chiede una revisione urgente degli meccanismi
decisionali sulla pesca, con maggiore trasparenza e un sistema di
gestione che dovrebbe includere:
• l'obbligo degli stati Membri di creare una rete di grandi
riserve marine, dove siano vietate tutte le attività estrattive e
distruttive, compresa la pesca. Questa rete dovrebbe essere di
dimensioni tali da poter essere efficace: la ricerca indica che
essa dovrebbe tutelare dal 20 al 50% dei mari. Gli stati Membri
avrebbero dovuto completare la rete di aree protette "Natura 2000"
entro il 1998;
• Tutte le quote di pesca dovrebbero essere definite entro, o
al di sotto, dei livelli raccomandati dalla ricerca
scientifica.
• A partire dal prossimo anno, la distribuzione nazionale
delle quote di pesca, definite in base ai criteri sopra esposti,
dovrebbero essere condizionate al rispetto degli standard
comunitari di protezione dell'ambiente marino, in particolare alle
regole sulle aree protette.
Notes: http://www.greenpeace.org/raw/content/denmark/press/rapporter-og-dokumenter/reflections-on-the-common-fish.pdf