Comunicato stampa - 27 marzo, 2006
Quattro pescherecci italiani sono stati trovati da Greenpeace mentre pescavano nella zona economica esclusiva della Guinea Conakry, uno dei Paesi più poveri del mondo. Greenpeace, ha allora invitato a bordo della propria nave, "Esperanza", ispettori del governo della Guinea Conakry, che stanno verificando in queste ore se i pescherecci italiani hanno sia le licenze che la proprietà di queste imbarcazioni. Gli ispettori governativi hanno ritirato la licenza dei pescherecci italiani per le opportune verifiche, visto che non compaiono nella lista ufficiale delle licenze emesse dalla Guinea Conakry.
La nave di Greenpeace, "Esperanza", sta pattugliando l'Oceano Atlantico in cerca di pescatori pirati, e ha già trovato 67 barche straniere da Italia, Corea, Cina, Liberia e Belize.
La nave di Greenpeace,"Esperanza", sta pattugliando l'Oceano
Atlantico in cerca di pescatori pirati, e ha già trovato 67 barche
straniere da Italia, Corea, Cina, Liberia e Belize. Di questi
pescherecci, 19 (il 28%) non sono autorizzati a pescare e 22 (32%)
sono già noti per essere stati segnalati in passato come pirati.
Altre 9 imbarcazioni (14%) non sono state identificate perché,
illegalmente, hanno mascherato nome e numero di matricola. Infine,
otto pescherecci pirata pescavano addirittura entro le acque
territoriali della Guinea Conakry, a meno di 12 miglia (circa 21,5
Km) di distanza dalla costa. "La pesca pirata è considerata una
minaccia mondiale per il mare e per chi vive delle sue risorse, ma
i Governi non stanno facendo niente per fermarla" ha dichiarato
Alessandro Giannì, responsabile della Campagna mare di Greenpeace.
"Riguardo alla situazione delle imbarcazioni italiane, se
risultasse che la loro posizione è irregolare chiederemo al Governo
Italiano e alla Commissione Europea di prendere adeguati
provvedimenti".
La Guinea Conakry è l'unico Paese al mondo in cui il consumo di
pesce sta diminuendo. I pescatori locali stanno perdendo una
risorsa alimentare fondamentale e rischiano la vita per competere
con dei superpescherecci d'altura che saccheggiano il loro mare.
Tra l'altro, le acque territoriali (12 miglia) sono riservate alla
pesca artigianale per il sostentamento diretto delle comunità
locali.
"Parlare di aiuti all'Africa e ai Paesi in Via di Sviluppo e
permettere che il loro cibo sia rubato dai pescatori pirata è pura
ipocrisia" ha aggiunto Giannì. "Solo nell'Africa sub sahariana la
pesca pirata fa un bottino di quasi un miliardo di euro l'anno". I
Governi devono chiudere i porti ai pirati ed impedire che la
refurtiva, tra 4 e 9 miliardi di euro l'anno, entri nei loro
mercati, assicurandosi che i pirati siano legalmente perseguiti
insieme alle compagnie che li finanziano.