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In azione a Taiwan contro la pesca illegale: arrestata un'attivista

Comunicato stampa - 24 gennaio, 2011
Attivisti di Greenpeace questa mattina si sono incatenati all’ancora della nave cargo MV Lung Yuin bloccandone la partenza per ben tre ore. Alla fine dell’azione, una delle attiviste è stata arrestata dalla polizia taiwanese. Il cargo frigo, impiegato per il trasporto di tonno pescato in Oceano Pacifico e destinato al mercato internazionale batte bandiera di Vanuatu ma, essendo di proprietà di una compagnia di Taiwan, avrebbe dovuto essere registrato in questo Paese: un altro esempio di pesca pirata.

Il ruolo dei cargo frigo nella distruzione degli stock di tonno del Pacifico è noto: i pescherecci pirata, che in acque internazionali saccheggiano gli oceani, passano loro il bottino in alto mare, senza alcun controllo. Per questo Greenpeace chiede all’Agenzia per la Pesca di Taiwan di aprire un’indagine a carico dei proprietari della nave

«Quella di Vanuatu è notoriamente una “bandiera ombra” – afferma Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace – e questa nave è già stata coinvolta in episodi di pesca illegale. Il fatto che si trovi in un porto in Taiwan violando palesemente le regole imposte dall’Agenzia della Pesca di questo Paese, non dà alcuna garanzia che rispetterà quelle poche norme già decise per tutelare gli stock di tonno».

Le risorse dei nostri oceani sono in crisi. In particolare gli stock di tonno obeso e pinna gialla del Pacifico, iniziano a mostrare chiari segni di declino a causa di una pesca eccessiva, condotta con metodi distruttivi e troppo spesso “pirata”. Si calcola che circa il 30 per cento delle catture di tonno nel Pacifico sono frutto di una pesca illegale.

“È ora che non solo i governi impongano regole e controlli più severi per porre fine alla pesca pirata, ma – continua Monti - che siano proprio le grandi aziende produttrici del  tonno in scatola a rifiutare questi prodotti».

In Italia Greenpeace lavora da oltre un anno con le maggiori industrie conserviere. Un impegno preciso delle aziende a non comprare tonno trasbordato in mare, o pescato da pescherecci di compagnie coinvolte in episodi di pesca illegale, potrebbe veramente porre un limite a questo scempio. Alcuni marchi, come Mareblu o Esselunga, hanno già iniziato a impegnarsi in questo senso: che cosa aspettano gli altri?

Gli attivisti erano partiti questa mattina dalla nave ammiraglia di Greenpeace, la Rainbow Warrior, impegnata in un tour in Asia  per difendere gli oceani. Greenpeace chiede che si ponga un freno alla pesca pirata e vengano create in acque internazionali grandi Riserve Marine chiuse alla pesca.

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