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Venezia come Bhopal?

Comunicato stampa - 29 novembre, 2002
La DOW deve assumersi la responsabilità dell'accaduto. Il rogo potrebbe aver sprigionato diossine e pcb.

Greenpeace interviene sull'esplosione sviluppatasi ieri sera all'interno del reparto TD5 di Porto Marghera:

"Anche in questo caso, come nel disastro di Bhopal, (accaduto esattamente 18 anni fa, la notte del 2 dicembre) l'azienda non ha comunicato tempestivamente i composti che si sono sprigionati, rendendo impossibile come a Bhopal un mirato intervento sanitario qualora ce ne fosse stato bisogno- accusa Fabrizio Fabbri, direttore scientifico di Greenpeace -se il rogo si è sviluppato in un deposito di peci clorurate, che sono pericolosi scarti di lavorazione, non si è liberato nell'aria solo del toluene, ma le sostanze più pericolose per la salute che si possa immaginare, come pcb, diossine, furani ed esaclorobenzene"

Per Greenpeace, questa corsa alla normalizzazione da parte della Dow è allarmante: "L'accordo sulla chimica, siglato tra tutte le parti sociali per migliorare la situazione ambientale, è ormai carta straccia. Lo dicono gli operai, lo dicono il presidente della Regione ed il prosindaco di Mestre che a Marghera si vive in una continua e permanente emergenza ambientale, che il sistema industriale è prossimo al collasso e che bisogna immediatamente ripensare il futuro dell'area, non lo diciamo solo noi"

Si è appena chiusa a Venezia, l'esposizione fotografica "Bhopal a Venezia" organizzata da   Greenpeace con la collaborazione del Centro Pace e Ambiente del Comune di Venezia, alla Fondazione Querini Stampalia.  In entrambi i casi, Bhopal e Venezia, proprietaria delle industrie inquinanti è la Dow Chemical, che ha acquistato in Italia dall'Enichem la divisione poliuretani (plastiche per imbottiture) che ha impianti oltre che a Porto Marghera a Brindisi e a Priolo dove continua ad utilizzare tecnologie obsolete per la produzione di toluene diisocianato.

Eppure esistono, dalla fine degli anni '80 alternative che, se applicate, avrebbero evitato la produzione di peci clorurate nello stabilimento TDI di Porto Marghera.

"E' assurdo parlare di una nube tossica che si è sprigionata ieri sera e, per magia, è stata risucchiata nella lampada di Aladino, senza lasciare tracce- commenta Fabbri- la Dow si assumerà la responsabilità dell'accaduto? Quanti altri incidenti dovremo aspettarci a Venezia, o forse a Brindisi, a Priolo?"

Per Greenpeace, la Dow, tra le principali multinazionali della chimica, si sta comportando a Venezia come a Bhopal:

"Nel 2001, In India ha acquistato gli impianti della Union Carbide (proprietaria della fabbrica dei pesticidi al momento dell'esplosione), senza bonificare l'area e tonnellate di rifiuti tossici sono ancora lì contaminando l'acqua potabile e la gente continua a soffrire. A Porto Marghera, l'area che ospitava l'impianto più vecchio del TDI doveva essere bonificato dall' Enichem, che non l'ha fatto, lasciando la patata bollente alla Dow che continua a non farlo, non ottemperando ai minimi impregni presi con l'accordo sulla chimica"

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