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Lo studio della Confederazione Europea Gestori Termovalorizzatori (CEWEP) sull’impatto ambientale dell’incenerimento dei rifiuti

Pubblicazione - 1 aprile, 2006
Nel Maggio del 2004, la PROFU, società di consulenza svedese, specializzata nel settore dell’energia, dell’ambiente e della gestione dei rifiuti presentava la versione finale di un proprio studio commissionato dalla Confederazione Europea dei Gestori di Termovalorizzatori.

“Valutazione da un punto di vista ambientale dell’incenerimento dei rifiuti come metodo di trattamento e recupero energetico”.

Questo studio, impostato su criteri di rassegna bibliografica, nella sua fase iniziale ha provveduto a raccogliere i risultati di circa 70 ricerche effettuate sull’argomento scelto. Gli studi riguardavano valutazione di impatto ambientale attribuito, oltre che all’incenerimento con recupero di energia, ad altri sistemi di trattamento dei rifiuti, in particolare:

  • riciclaggio di carta e plastica,
  • compostaggio,
  • digestione anaerobica
  • discarica.

Gli impatti ambientali messi a confronto hanno riguardato l’emissione di gas serra, l’induzione di fenomeni di acidificazione e di eutrofizzazione di acque, induzione di fenomeni di smog fotochimico ed infine l’emissione nell’ambiente di composti tossici. Di questi si effettuò una prima selezione di 31 casi-studio giudicati più importanti e per 12 di questi è stata realizzata un’analisi più approfondita dei risultati.

Le sintesi dei risultati di ciascuno dei dodici casi-studio scelti, sono riportate in forma grafica nella successiva Figura, in cui le prestazioni dell’incenerimento sono messe a confronto con le altre tecnologie e un codice a colori sintetizza i singoli risultati: in verde quelle in cui l’incenerimento risulta fornire prestazioni migliori (minor impatto ambientale), in rosso quando l’incenerimento non è la migliore alternativa, in giallo quando le differenze tra i sistemi messi a confronto non sono molto diverse.

Principali conclusioni dello studio PROFU Di seguito sono riportate “alla lettera” le conclusioni formulate dalla società PROFU:

  • La discarica indifferenziata è la peggiore opzione
  • Il riciclo dei materiali, l’incenerimento dei rifiuti, e i trattamenti biologici sono opzioni complementari e tutte queste opzioni devono trovare maggiori utilizzi per sostituire il sistema di smaltimento oggi più diffuso in Europa: la discarica
  • Per raggiungere i migliori risultati per la tutela dell’ambiente nel caso del ricorso al riciclaggio e al trattamento di materiali organici con elevato potere termico, l’incenerimento è necessario per trattare gli scarti delle operazioni di pretrattamento, e lavorazione delle riciclerie e degli impianti di trattamento biologico.
  • Le scelte migliori dipendono anche dalle condizioni locali ad esempio: disponibilità di un mercato per i materiali riciclati, disponibilità di terreni agricoli poveri di humus, possibilità di realizzare forme di teleriscaldamento.
  • Per frazioni merceologiche ben separate in grado di ottenere materiali puliti, il riciclaggio produce un minore impatto ambientale rispetto all’incenerimento.
  • Nel caso di rifiuti biodegradabili, la scelta tra incenerimento, compostaggio e digestione anaerobica non è ovvia.

FIGURA 1. SINTESI DELL’ESAME DEGLI IMPATTI AMBIENTALI STIMATI DA 12 DIVERSI STUDI


Figura: Rappresentazione sintetica dello studio CEWEP relativo a 12 studi sull’impatto ambientale dell’incenerimento. Per ogni studio, il giudizio sullo specifico impatto ambientale dell’incenerimento (gas serra, piogge acide, eutrofizzazione acque, precursori smog fotochimica, emissione composti tossici) è codificato con un colore (verde: l’incenerimento è la migliore alternativa per il minore impatto ambientale; rosso: l’incenerimento non è la migliore alternativa; verde chiaro: la differenza tra incenerimento e tecniche alternative è piccola)

I confronti hanno riguardato l’incenerimento rispetto al riciclo di qualità di plastica e carta (prime due colonne a sinistra). In ordine successivo: incenerimento vs digestione anaerobica; incenerimento vs compostaggio; incenerimento e messa a discarica di plastica, carta e rifiuti misti.

I confronti hanno riguardato l’incenerimento rispetto al riciclo di qualità di plastica e carta (prime due colonne a sinistra). In ordine successivo: incenerimento vs digestione anaerobica; incenerimento vs compostaggio; incenerimento e messa a discarica di plastica, carta e rifiuti misti.

Piani di gestione dei Materiali Post Consumo Scenari possibili per la Provincia di Savona e impatti ambientali a confronto.

Numerosi studi concordano nell’affermare che il sistema di gestione dei Materiali Post Consumo (MPC) con il minor impatto ambientale sia la raccolta differenziale finalizzata al riuso e al riciclo.

In particolare, la già citata rassegna bibliografica realizzata dalla società PROFU, su commissione della federazione europea dei gestori di termovalorizzatori, afferma che privilegiando il riciclo di carta e plastica alla loro termovalorizzazione, si ottiene una minore produzione di inquinanti tossici, gas serra, precursori dello smog fotochimico e delle piogge acide.

Le analisi sui cicli di vita (LCA) correttamente impostate confermano che si deve privilegiare il riciclo alla termovalorizzazione, anche quando l’obiettivo è quello del risparmio energetico.

In tutti i casi, i migliori risultati si raggiungono quando la raccolta è realizzata con criteri di domiciliarizzazione del servizio (“porta a porta”). La raccolta “porta a porta” si sta rapidamente diffondendo in tutt’Italia, anche nelle grandi città, a dimostrazione che non esistono barriere culturali ed economiche in grado di ostacolare questa prassi, che può garantire, in tempi rapidi, raccolte differenziate di qualità, superiori al 60%.

Per quanto riguarda il trattamento finale della frazione indifferenziata residuale, si assiste, in Europa ed in Italia, ad una significativa crescita delle quantità di MPC avviate a trattamenti Meccanico Biologici (MTB) finalizzati a: produzione di compost e biogas; inertizzazione e messa a discarica; produzione di combustibile da rifiuto.

In Europa (stima aggiornata al 2005) sono operative almeno 27 società impegnate nella progettazione e realizzazione di impianti Meccanico Biologici per il trattamento dei materiali post consumo e sono in funzione 80 impianti di questo tipo con una capacità di trattamento di 8,5 milioni di tonnellate/anno, a cui presto si aggiungeranno altri 43 impianti, in fase avanzata di realizzazione.

Anche queste nuove tecniche possono avere importanti ricadute nella riduzione del carico inquinante prodotto dal ciclo dei MPC, in quanto intrinsecamente a basso impatto ambientale, grazie alle basse temperature a cui avvengono i processi biologici di ossidazione e riduzione.

Il Servizio di Chimica Ambientale dell’IST di Genova, su incarico della Provincia di Savona ha messo a confronto i possibili impatti ambientali indotti da un piano convenzionale di gestione MPC (raccolta differenziata al 35% e termovalorizzazione, denominato Termovalorizzazione) e da un sistema più innovativo, denominato Bio-ossidazione (riduzione della produzione dei MPC del 10%, raccolta porta a porta e riciclo del 50%, biostabilizzazione ossidativa della frazione indifferenziata residuale e suo stoccaggo dopo recupero metalli e inerti e compattazione). Lo studio, si è basato sull’applicazione di un modello di stima di impatto semplificato e su dati di emissione desunti dalla letteratura (in particolare due studi inseriti nella rassegna bibliografica del PROFU: quello di Denison che confronta bilanci energetici ed impatti ambientali di discariche, riciclaggio ed incenerimento e lo studio europeo sui bilanci di gas serra condotti dalla AEA Technology).

Le conclusioni sono che, a sostanziale parità della quantità di energia che entrambi i piani permettono di risparmiare e a parità nell’ordine di grandezza delle volumetrie di scarti solidi prodotti e messi a discarica, il modello Bio-ossidazione ha un minore impatto ambientale rispetto al modello Termovalorizzazione.

In particolare, la scelta del modello Bio-ossidazione, permette di risparmiare al territorio della Provincia di Savona (282.000 abitanti; produzione annua di rifiuti urbani: 180.000 tonnellate) l’immissione di 90 tonnellate all’anno di inquinanti tossici aeriformi (polveri sottili, ossidi di azoto, ossido di carbonio, acido cloridrico, anidride solforosa). Solo la produzione di ammoniaca e di composti organici volatili vede migliori prestazioni del modello Termovalorizzatore.

Anche la produzione di diossine e furani prevista dal modello Bio-ossidazione è nettamente inferiore al modello Termovalorizzazione, con un “risparmio” annuale stimato pari a 46,4 milligrammi (I-TEQ) se viene scelto il sistema Bio-ossidazione.

Infine, sono circa 90.650 le tonnellate di maggior risparmio di gas serra che il sistema Bio-ossidazione permetterebbe di ottenere ogni anno, rispetto al sistema Termovalorizzazione.

Alcuni grandi problemi con i quali dobbiamo confrontarci, quali sono quello di valutare gli effetti avversi sulla salute degli inquinanti ambientali anche a piccole, o relativamente piccole dosi, il possibile effetto additivo fra loro, sia che agiscano contemporaneamente che a distanza di tempo, e la possibile persistenza transgenerazionale degli effetti avversi, sono stati (deliberatamente) trascurati dalle grandi linee della ricerca biomedica.

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