Ieri, oggi, sempre: stop trivelle! Siamo tornati in mare per ricordare la data del 17 aprile 2016, quando circa 16milioni di italiani votarono per il referendum sulle “trivelle” (i “si” rappresentarono quasi l’86% dei voti validi). Abbiamo manifestato la nostra opposizione alla politica “fossile” italiana nei pressi della piattaforma Fratello Cluster – posizionata entro le 12 miglia marine dalla costa, poco a nord di Pescara.

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Le ragioni e i motivi che due anni fa hanno portato gran parte del Paese a esprimere la sua contrarietà allo sfruttamento dei nostri mari, concepiti solo come “giacimenti”, sono ancora qui. Così com’è ancora presente e diffusa l’opposizione a questa politica: un’opposizione pronta a farsi sentire nuovamente, se l’Italia non cambierà radicalmente rotta in materia di energia.

Due anni fa, in occasione del voto referendario più boicottato della storia repubblicana, e su una materia che molti ritenevano rilevante “solo” per alcuni territori, quasi 16 milioni di italiani decisero di recarsi ai seggi, per fermare per gli interessi dei petrolieri. Il quorum non fu raggiunto ma il segnale fu comunque inequivocabile contro il governo, guidato allora da Matteo Renzi, che aveva ostacolato in tutti i modi il voto e infine sostenuto l’astensione, schierandosi al fianco delle compagnie petrolifere.

A due anni di distanza, i mari italiani sono ancora sotto la minaccia di nuove attività di ricerca di idrocarburi. Una recente sentenza del Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso di Abruzzo e Puglia, dichiarando legittima la Valutazione d’Impatto Ambientale con cui il Ministero per l’Ambiente aveva approvato la concessione di due enormi aree per la prospezione di idrocarburi alla Spectrum Geo. Da Rimini fin quasi alla punta del tacco dello stivale, potrebbero presto cominciare le attività con l’air gun, un dispositivo che, generando artificialmente onde d’urto e analizzandone la riflessione sui fondali marini, permette di identificare i depositi di idrocarburi offshore. Per la ricerca di un giacimento marino sono impiegati decine di airgun, disposti su due file a una profondità di 5-10 metri: producono violente detonazioni ogni 10-15 secondi per settimane o mesi, continuativamente. Il rumore generato è almeno doppio rispetto a quello del decollo di un jet. Gli effetti dannosi delle esplosioni sull’ecosistema marino sono documentati in numerosi studi; gli impatti, ad esempio, sono chiari su tartarughe marine, cetacei, molluschi e pesci. Come abbiamo scritto in “Bombardamento a tappeto” queste prospezioni non risparmierebbero aree importanti per la riproduzione di specie ittiche di grande importanza ambientale e commerciale.

I provvedimenti di VIA ottenuti dalla Spectrum Geo sono solo due dei nove emanati in questi anni dal Ministero per l’Ambiente. L’intero Adriatico è opzionato per nuove attività di ricerca di fonti fossili.

Oggi siamo in azione per ringraziare quei 16 milioni di italiani che due anni fa decisero di non voltarsi dall’altra parte di fronte alle sorti dei nostri mari. Non si tratta però di celebrare una data: il nostro è un monito al governo che verrà, di qualunque segno esso sia.

Di qui a due giorni inoltre, il 19 aprile, si aprirà un processo contro 10 dei nostri attivisti, accusati di “ingresso arbitrario in zona industriale” per l’azione che il 30 marzo del 2016 li vide occupare pacificamente una piattaforma, la Agostino B, al largo delle coste di Ravenna. Gli attivisti denunciarono in quella circostanza gli alti livelli di inquinamento causati da quell’impianto nell’ambiente marino circostante, invitando gli italiani al voto referendario.

Si trattò, in quel caso come in ogni altro, di una protesta nonviolenta: uno strumento di partecipazione che continuiamo a ritenere fondamentale per contribuire al cambiamento della società in cui viviamo.

Le loro denunce non silenzieranno la nostra voce.

Ieri, oggi, sempre: stop trivelle!