Greenpeace è da sempre impegnata nella difesa di tutti i mari del pianeta, e del Mediterraneo in particolare. Abbiamo solcato con le nostre navi tutti i mari e gli oceani, dall’Oceano Antartico impegnati contro le baleniere all’Artico per proteggere le aree più remote e sensibili, fino al nostro Mediterraneo, minacciato dalla pesca eccessiva e distruttiva e dall’inquinamento.

Per salvare i nostri mari dobbiamo fermare chi li minaccia e li impoverisce e dobbiamo fare pressione su governi e istituzioni per istituire un’efficace rete di santuari marini.

Difendiamo le balene

La difesa delle balene caratterizza la nostra storia: nel 1975 Greenpeace lanciò la sua campagna contro la caccia alle balene, affrontando le baleniere in mare aperto, fermando gli arpioni con i gommoni e portando per la prima volta le immagini di questa terribile e inaccettabile caccia nelle case della gente. Ritrovatasi faccia a faccia con la realtà della caccia commerciale alle balene, l’opinione pubblica iniziò a reagire e protestare contro le baleniere. E così nel 1982 l’IWC (la Commissione Baleniera Internazionale (ovvero organismo internazionale istituito per tutelare le popolazioni di cetacei) approvò una moratoria alla caccia commerciale delle balene, in vigore dal 1986.

Nonostante il divieto e il fatto che la specie sia tuttora minacciata di estinzione, l’IWC non è ancora stata in grado di fermare le nazioni baleniere: Norvegia, Islanda e Giappone continuano a violare ogni anno la moratoria, con la giustificazione di fare una caccia a “scopi scientifici”. Una scappatoia inaccettabile al divieto di caccia che di scientifico non ha niente e che di fatto consente ogni anni a questi Paesi di uccidere centinaia di balene nell’area.

Ma la caccia commerciale purtroppo non è l’unico pericolo che le balene devono fronteggiare. I cambiamenti climatici, l’inquinamento chimico e acustico, l’aumento del traffico marittimo, lo sfruttamento eccessivo delle risorse ittiche sono tutti impatti provocati dall’uomo che mettono in serio pericolo la sopravvivenza delle ultime popolazioni di balene rimaste. La pesca industriale sottrae alle balene preziose risorse alimentari fondamentali come il krill e le espone al rischio di essere accidentalmente catturate dai pescherecci.

Una rete di Santuari Marini

Ecco perché per le balene e per tutelare tutti gli ecosistemi marini più sensibili, è necessario istituire una rete di Santuari Marini. Sempre più dati scientifici indicano che l’istituzione di una rete di santuari marini su larga scala – che protegga le specie e gli ecosistemi marini dagli impatti delle attività umane – può contrastare la crisi del patrimonio ittico e garantire un’efficace tutela delle risorse.

I Santuari Marini sono aree proibite a qualsiasi uso estrattivo (ad es. pesca o estrazioni minerarie e di idrocarburi) e di scarico. All’interno possono esserci delle zone dove non è concessa alcuna attività umana, ad esempio zone che fungono da aree per la ricerca scientifica o dove ci sono habitat e specie particolarmente sensibili che vanno protette.

In altre zone costiere, invece, può essere autorizzata una pesca su piccola scala, non distruttiva, sostenibile e gestita con la piena partecipazione di tutte le comunità locali interessate. Solo questo tipo di gestione eco-sistemica può garantire il recupero del patrimonio che stiamo rischiando di perdere e un futuro sostenibile del mare e delle popolazioni che dipendono da esso.

La tutela dei Poli

Dall’Artico all’Antartico, Greenpeace è attiva anche per proteggere le aree più estreme della terra. I Poli sono infatti indicatori importanti dello stato di salute del nostro Pianeta e ci mandano un allarme molto chiaro: stiamo compromettendo la capacità della Terra di sostenere la vita cosi come la conosciamo.

È già molto tardi per evitare effetti profondi e negativi sugli ecosistemi polari, ma se agiamo subito siamo ancora in tempo per invertire la situazione e evitare ulteriori effetti disastrosi.

Dobbiamo fermare la pesca industriale e distruttiva che sta letteralmente svuotando e mettendo in ginocchio i nostri mari, dobbiamo mettere un freno all’industria estrattiva di combustibili fossili (petrolio, gas, ma anche carbone) e tutelare questi habitat delicati e preziosi da tutte le minacce umane che rischiano di compromettere per sempre le nostre ultime frontiere selvagge. E per Greenpeace i Santuari marini sono la migliore soluzione possibile per entrambi i Poli.

Antarctica Whaling Tour - (1991/1992). © Robin Culley

MV GREENPEACE inflatable protesting against Japanese whaling ship NISSHIN MARU, Southern Ocean (Greenpeace Witness book page 121)

Il Mediterraneo

Il Mediterraneo è un mare ricco di biodiversità, un bacino chiuso, fortemente antropizzato e quindi anche estremamente fragile. Rappresenta meno dell’1% dei mari del Pianeta ma ospita circa il 9%  della biodiversità marina di tutto il mondo. Un tesoro straordinario che va protetto ma che purtroppo subisce ancora gli impatti devastanti dell’inquinamento e delle attività umane come la pesca eccessiva, illegale e distruttiva – che sta letteralmente svuotando i nostri mari e in particolare il nostro Mediterraneo. Le risorse ittiche un tempo abbondanti oggi sono sempre più al collasso e ad essere a rischio non è più solo il futuro del mare nostrum ma anche quello dei pescatori, delle comunità costiere e di tutte quelle economie che dipendono dalla salute e vitalità del mare.

Il Santuario dei Cetacei

I governi del Mediterraneo hanno preso impegni per la tutela di questo fragile ecosistema ma i risultati non sono all’altezza delle attese. E’ il caso ad esempio del Santuario dei Cetacei: una riserva che purtroppo è rimasta solo sulla carta!
Creato a seguito di un Accordo tra Italia, Francia e Principato di Monaco nel 2002
per tutelare i cetacei che popolano questo tratto di mare, è riconosciuto come Area a Protezione Speciale dalla della Convenzione di Barcellona. Ancora oggi però è di fatto una riserva marina solo sulla carta: nessuna tutela specifica dell’area, nessun progetto coerente, nessun controllo mirato.

E così mentre i cetacei sembrano diminuire, le minacce invece aumentano: dai progetti per la creazione di impianti industriali in pieno Santuario (come il rigassificatore offshore al largo di Livorno), all’inquinamento acustico, a quello organico e chimico , che non solo colpisce le creature che popolano il santuario ma risalendo la catena alimentare anche l’uomo. Per non parlare del crescente traffico marittimo: ad oggi solo il traffico nello stretto di Bonifacio è debolmente controllato mentre la mancanza di regole ha portato negli ultimi anni a diversi incidenti nell’area tra quelli piu tragici e famosi quello della costa Concordia.

Fin Whales at Pelagos Sanctuary for Mediterranean Marine Mammals. © Paul Hilton

A fin whale is pictured swimming close to the Greenpeace ship Arctic Sunrise, 20 miles off the north coast of Corsica, in the Pelagos Sanctuary for Mediterranean Marine Mammals.

Il Canale di Sicilia

Un’altra area di altissimo valore ecologico e biologico che ancora aspetta un’adeguata ed efficace protezione è il Canale di Sicilia. Proprio nel Canale vi sono aree uniche come i banchi d’alto mare, formazioni vulcaniche, canyon sottomarini e una vita marina unica al mondo. Qui si trovano invertebrati, pesci, cetacei, coralli e importanti aree di pesca.

Purtroppo a causa di un eccessivo prelievo di pesca e della mancata protezione delle aree di riproduzione dei pesci, la maggior parte delle popolazioni ittiche sono ormai al limite dello sfruttamento o già eccessivamente sfruttate.
Ma non è solo la pesca a minacciare questi habitat. Il traffico navale, l’inquinamento e – non ultimi – le esplorazioni petrolifere per l’estrazione e lo sfruttamento di idrocarburi con progetti proprio sui banchi al largo delle coste della Sicilia, rischiano di distruggere una delle aree più sensibili del nostro Mediterraneo. C’è, quindi, urgente bisogno di stimolare processi che portino a un’efficace tutela di aree fondamentali per la salute e il futuro dei nostri mari e per garantire la sostenibilità ambientale, sociale ed economica delle attività di pesca per garantire la conservazione delle risorse.

Proteggi gli Oceani

Cambiamenti climatici, pesca eccessiva, estrazioni minerarie, trivellazioni, plastica: i nostri oceani subiscono di tutto per colpa dell’avidità umana. Spesso sono proprio le zone d’Alto Mare, al di fuori della giurisdizione degli Stati costieri, a diventare prede degli interessi di pochi Stati ricchi e potenti o di aziende spregiudicate. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore? Non possiamo accettarlo: per difendere il fragile e meraviglioso ecosistema marino, serve creare una rete di Santuari d’Alto mare su scala planetaria.

Partecipa