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Su rigassificatore off-shore: lavoratori a rischio. I sindacati si attivino

Comunicato stampa - 7 febbraio, 2011
Oggi Greenpeace chiede ai sindacati (CGIL, CISL, UIL, UGL Toscana) di intervenire per fare chiarezza sulla sicurezza del rigassificatore offshore della OLT. Si tratta di un impianto che verrà testato per la prima volta davanti la costa tra Pisa e Livorno, senza che siano state fornite le dovute garanzie di sicurezza. A confermarlo, le criticità evidenziate dal parere della Commissione di Esperti Internazionali, chiamati dalla Regione Toscana a esprimere un giudizio sul rapporto di sicurezza dell’impianto, e l’incontro di Greenpeace con il Presidente del Comitato Tecnico Regionale (CTR), incaricato di fornire un parere finale su questo “prototipo”.

Le operazioni di travaso di Gas Naturale Liquido (GNL) da nave a nave sono state vietate in Italia per ben 22 anni, perchè considerate estremamente pericolose. Non esistono prove che i bracci di carico per il travaso del GNL possano resistere alle differenti oscillazioni delle due navi. La rottura dei bracci di carico - con conseguente sversamento di gas liquido in mare - potrebbe causare un’esplosione devastante, letale per i lavoratori dell’impianto. Queste operazioni, tuttavia, sono state autorizzate, con il D.M. 6 febbraio 2006, proprio nello stesso giorno in cui è stato dato il via libera al rigassificatore offshore. Né Greenpeace né il CTR hanno mai potuto vedere in base a quali nuovi test dinamici è stato possibile autorizzare questo tipo di impianto. Greenpeace teme che questi test non siano mai stati realizzati.

Eppure si sa che gli incidenti in mare sono frequenti, soprattutto a causa di fattori climatici imprevedibili. Lo conferma l’ultimo incidente avvenuto in Scozia solo giovedì scorso, quando una nave per lo stoccaggio di petrolio (il rigassificatore offshore è un impianto di rigassificazione e stoccaggio) è finita in balia di una tempesta dopo che forti venti hanno rotto gli ormeggi.

«Da tempo denunciamo che si tratta di un esperimento pericoloso. Ci sono tutte le premesse per un disastro. – sostiene Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace – Nonostante le nostre insistenti richieste alle autorità competenti, da ultimo alla Regione Toscana, non sono ancora state rese note le meraviglie della tecnica che giustificano l’improvvisa, e sospetta, declassificazione del rischio di questo tipo di impianti».

A rafforzare i timori di Greenpeace, le criticità evidenziate dalla Commissione di Esperti Internazionali, tra cui  la resistenza dei bracci di carico, definiti “tecnologie nuove non collaudate, e pertanto necessitano di ulteriore e dettagliata considerazione”. E non rassicura certo il fatto che lo stesso Comitato Tecnico Regionale, incaricato di dare un parere finale a riguardo, abbia deciso di rinviare tutta la documentazione alla OLT per chiedere ulteriori verifiche e chiarimenti.

«Invece di piangere sui morti di un disastro annunciato, è ora che i sindacati esigano tutta la documentazione necessaria a garantire la sicurezza di questo tipo di impianto. - continua Monti - Non si gioca con le vite dei lavoratori e con la sicurezza ambientale per sperimentare una tecnologia del tutto nuova e ad oggi altamente pericolosa».

In un momento in cui la sicurezza dei lavoratori viene considerata prioritaria è assolutamente scandaloso che un progetto del genere vada avanti. Un vero e proprio sito industriale piazzato al di fuori di un’area debitamente attrezzata a fronteggiare eventuali emergenze e, per di più, all’interno di una zona marina che dovrebbe essere “protetta”, il Santuario dei Cetacei.

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