Salvare vite – in mare come altrove – non può, in nessun caso, essere considerato un crimine. Le ONG che si occupano di attività di Ricerca e Salvataggio non dovrebbero essere criminalizzate, ma coinvolte nei meccanismi di cooperazione internazionale per rispondere alla crisi umanitaria nel Mediterraneo.

Di seguito riportiamo la dichiarazione congiunta di Greenpeace International e Sea Watch, pronunciata durante l’ultima assemblea dell’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO).

Grazie Presidente,

Parlo a nome di Greenpeace International. Questa dichiarazione è stata redatta assieme a Sea-Watch, un’organizzazione non governativa che si occupa di operazioni di ricerca e soccorso (SAR: Search and Rescue). E si riferisce a una questione assai importante per entrambe le organizzazioni: il bisogno urgente di aumentare la cooperazione in risposta alla crisi umanitaria nel Mediterraneo.

Accogliamo con favore il documento MSC 101/19 prodotto dal Segretariato e l’adesione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite al Global Compact per una Migrazione Sicura, Ordinata e Regolare (Global Compact for Safe, Orderly and Regular Migration) e al Global Compact sulla condivisione delle responsabilità per i rifugiati (Global Compact on Responsibility-Sharing for Refugees). In particolare, il Global Compact sulle Migrazioni in modo specifico mira a “stimolare una cooperazione congiunta a tutti i livelli”, e auspica il coinvolgimento degli attori della Società Civile. Ma nella realtà, le ONG attive nelle operazioni di ricerca e soccorso sono state espulse dal Mediterraneo. Greenpeace e Sea-Watch sono preoccupate per le misure prese da alcuni governi per ostacolare, criminalizzare e perseguitare le organizzazioni della società civile che si occupano di provvedere al soccorso umanitario e al salvataggio di vite umane nel Mediterraneo.

Dal 2015, Sea-Watch ha osservato direttamente l’insicurezza delle migrazioni miste via mare, offrendo capacità di soccorso in mare e monitoraggio aereo. Greenpeace e Sea-Watch vogliono incoraggiare un dialogo tra le ONG che si occupano di SAR, i membri dell’IMO (International Maritime Organization) e tutti gli attori rilevanti per risolvere concretamente una situazione che vede a rischio il quadro normativo relativo alle attività SAR. A tal fine, segnaliamo con forza il bisogno urgente di una maggiore cooperazione.

In primo luogo, il Global Compact auspica di affrontare soluzioni per la gestione delle migrazioni a terra; “prima e dopo” che in mare. E tuttavia, anche la questione delle migrazioni miste e insicure in mare deve essere essa stessa affrontata. Al tempo stesso, la cornice normativa legale esistente per le attività SAR è continuamente minacciata dalle pratiche degli Stati. L’attuale situazione scoraggia ogni imbarcazione dall’impegnarsi in attività di salvataggio nel Mediterraneo Centrale sia per la de-responsabilizzazione delle autorità, che per le continue deleghe nel coordinamento delle attività affidate alla Guardia Costiera della Libia.

In secondo luogo, fino ad ora non vi è stata alcuna interazione tra le ONG impegnate in attività SAR e l’IMO. In passato, le ONG hanno espresso preoccupazione nella speranza di ricevere chiarimenti e un posizionamento chiaro. Ciò in relazione anche alla legittimità dell’area SAR della Libia, al ruolo e al modus operandi della Guardia Costiera libica e alla sua effettiva capacità di assicurare un’attività SAR adeguata, così come lo sbarco in un POS (Place of Safety: posto sicuro) che, secondo gli standard per le attività SAR e secondo le agenzie delle Nazioni Unite, non è reperibile in nessun luogo in Libia.

L’adesione al Global Compact non basta. C’è il bisogno urgente di affrontare la questione della sicurezza in mare nel Mediterraneo con un impegno focalizzato alla protezione delle vite umane. Le ONG impegnate nelle attività SAR non sono state coinvolte nella discussione e, a nome loro, vorremmo cogliere l’occasione odierna per segnalare la disponibilità di Sea-Watch a partecipare a un dialogo costruttivo nonché a cooperare a supporto del naviglio commerciale nella regione quando si confronti con migrazioni miste e insicure in mare. In realtà, il fatto che le autorità pubbliche non si sentano responsabili di soccorrere persone in difficoltà nel Mediterraneo, aggiunge un ulteriore onere alle navi mercantili.

Lo spazio umanitario nel Mediterraneo Centrale è stato ridotto al punto che le ONG che si impegnano in attività SAR devono affrontare sfide notevoli nel condurre le attività di salvataggio. Noi chiediamo con urgenza di collaborare per proteggere la cornice normativa applicabile atte attività SAR nel Mediterraneo Centrale.

Grazie per la Vostra attenzione.