Giugno è il mese del “Pride”, il mese dell’orgoglio delle persone Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali, Queer, Intersessuali (LGBTQI+), vale a dire l’orgoglio di essere fieri di come si è, qualunque siano le sfaccettature dell’identità di genere in cui ci riconosciamo e qualunque sia il nostro orientamento sessuale.

In apparenza, può sembrare che il movimento ambientalista e quello LGBTQI+ (come anche quello femminista, quello contro le discriminazioni razziali, di classe e quello antispecista) siano slegati, ma in realtà tutti i movimenti che chiedono un cambiamento per ottenere equità affrontano semplicemente da diversi punti di vista la stessa lotta per rovesciare i sistemi di potere che perpetuano la disuguaglianza e l’intolleranza, con l’obiettivo di poter garantire un futuro di pace basato sulla giustizia sociale.

Quest’anno si commemorano i cinquant’anni dei moti di Stonewall, dal nome di un locale del Greenwich Village, a New York, in cui persone transessuali, nere e ispaniche iniziarono una manifestazione spontanea contro gli abusi della polizia. Fra il 28 giungo e il primo luglio del 1969, per la prima volta, transessuali, gay e lesbiche di New York si unirono per affrontare ostacoli di natura generazionale, di classe e di genere, formando una comunità coesa basata sull’identità sessuale. Nasceva così il movimento LGBT: da quel giorno non riconoscersi nelle tradizionali identità di genere (uomo/donna) e rifiutare la distinzione rigida degli orientamenti sessuali (eterosessuale/omosessuale) non significò più essere inferiori, ma diventò un motivo di orgoglio.

Eppure, ad oggi, in molti dei Paesi in cui Greenpeace è presente, le persone che si riconoscono nella comunità LGBTQI+ si scontrano con aggressioni violente, leggi discriminatorie e pene ingiuste. Queste misure repressive, unite ad altre variabili di discriminazione sociale, minano la giustizia sociale aggravando l’emarginazione e l’invisibilità.

Lo scorso maggio è stato presentato il rapporto “State-Sponsored Homophobia 2019” curato dalla International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association (ILGA), da cui emerge che in oltre un terzo degli Stati del mondo l’omosessualità è reato e in 13 è ancora punibile con la pena di morte.

 

Per quanto riguarda i diritti delle persone LGBTI e la lotta contro le discriminazioni in Italia, il Rainbow Index di ILGA Europe, ha classificato il nostro Paese 34esimo su 49, citando diversi casi allarmanti quali: i cartelloni contro le famiglie arcobaleno comparsi a Roma; il controverso patrocinio dato dalla Presidenza del Consigli (e poi comprensibilmente ritirato) al Congresso delle Famiglie, che ha visto però la partecipazione di ben tre ministri della Repubblica; il “non esistono”, riferito alle famiglie arcobaleno, del Ministro della Famiglia Lorenzo Fontana. Inoltre, secondo i dati del Gay Center, in Italia, ogni giorno oltre 50 persone sono vittime di episodi di omotransfobia.

Difendere la libertà di identità e di genere è una questione di giustizia sociale: per questo riteniamo che sia importante supportare il messaggio di chi si batte per un mondo più accogliente per tutti.

Vogliamo che la nostra presenza -in qualunque Paese- sia un’opportunità di esemplarità, ribellione e rivendicazione. Vogliamo che il Pride venga riconosciuto come una celebrazione, ma anche come una protesta legittima, un evento per rafforzare una comunità che deve affrontare ancora molte sfide.

Vogliamo che tutte le persone che apprezzano il nostro lavoro sappiano che condividiamo ogni battaglia che ha come obiettivo quello di vivere la propria vita senza subire repressioni o discriminazioni. È importante ricordare a tutti coloro che si battono per dar voce all’equità e all’uguaglianza, che un vero cambiamento nel mondo, senza giustizia sociale, non sarà mai possibile.