Questa settimana ricorre l’anniversario del tragico crollo di Rana Plaza, il più grave incidente della storia dell’industria tessile in cui persero la vita oltre 1000 persone che producevano abiti per i più importanti marchi mondiali del fast fashion. Solo in quel momento molti consumatori hanno preso coscienza dell’enorme costo, in termini ambientali e di risorse umane, dell’abbigliamento a basso costo . In questa stessa settimana il colosso mondiale del fast fashion H&M – che ha firmato l’impegno Detox nel 2012, impegnandosi ad eliminare tutte le sostanze chimiche pericolose dalle proprie filiere produttive entro il 2020, ed è stato il primo marchio internazionale ad eliminare i PFC –  ha lanciato la “World Recycle Week” (Settimana Mondiale del Riciclo).

14.09.2011 - Muenchen, Germany Greenpeace Aktivisten fordern giftfreie Mode vor einer H&M Filiale. Bei der Produktion von Textilien fuer Hennes und Mauritz werden in den Herstellungslaendern gefaehrliche Chemikalien benutzt. Die Verschmutzung von Fluessen durch Nonylphenolhaltige Abwaesser belastet das Trinkwasser von Millionen Menschen in Herstellungslaendern.Greenpeace activists protesting in front of a H&M shop. Clothes of H&M are produced with dangerous chemical substances, that pollute the water of rivers and thereby drinking water of the textile producing countries.© Michaela Handrek-Rehle/ Greenpeace

Nel corso della settimana il marchio svedese, insieme ai suoi clienti, prevede di raccogliere e riciclare oltre 1000 tonnellate di abiti usati. Non tutti sanno però che solo l’1% di questi abiti può essere trasformato in fibre riciclate e quindi essere riutilizzato.

A titolo di esempio, nel solo 2015 H&M ha venduto 1,3 milioni di capi di abbigliamento contenenti materiale riciclato, il cui contenuto in fibre riciclate era solo di 130 tonnellate. Si tratta di una piccolissima quantità, soprattutto se confrontata con i quantitativi di abiti raccolti ogni anno da H&M nel corso della Settimana Mondiale del Riciclo. Tutto ciò però non viene comunicato ai consumatori.

La soluzione migliore per evitare che migliaia di abiti finiscano ogni anno in discarica sarebbe quella di ridurre il numero di acquisti. La produzione di una singola T-shirt ha un costo elevato, in termini di risorse, per il nostro pianeta quindi il riciclo degli abiti non può essere utilizzata come scusa per acquistare nuovi prodotti. I vestiti possono essere utilizzati per periodi lunghi e riparati se necessario pertanto H&M potrebbe, ad esempio, offrire ai propri clienti servizi di riparazione e vendere prodotti caratterizzati da una maggiore durata nel tempo piuttosto che incentivare un modello di consumo che spinga all’acquisto di nuovi abiti.