Chi ha avuto la fortuna di conoscere Sidney Holt, sa di aver avuto davanti qualcosa di più di uno scienziato e di un ambientalista. Per molti, certamente per noi di Greenpeace, il suo nome è legato alla lotta per la protezione delle grandi balene, contro la caccia baleniera. La sua esperienza dei meandri tecnici e diplomatici della Commissione Baleniera Internazionale (IWC) era leggendaria e in un libro fondamentale per chiunque ami le balene (“La vita segreta delle balene”), Roger Payne segnala Sidney come forse il più importante dei soli tre nomi (assieme a Justin Cooke e Bill de la Mare) menzionati nel capitolo dedicato alla lotta per la moratoria alla caccia baleniera.
Ma Sidney Holt non è arrivato alle balene per caso. Chiunque si occupi di biologia della pesca ha a che fare, quotidianamente, con due o tre “leggi” fondamentali. Tra queste, spicca l’equazione di Beverton e Holt. In un libro pioneristico del 1957, infatti, questi due scienziati definirono una relazione fondamentale nel descrivere la dinamica delle popolazioni oggetto di attività di pesca. Lungi dal diventare obsoleto, quell’approccio pionieristico ha dato vita a numerose applicazioni “teoriche”, davvero inattese, favorendo la comprensione delle storie naturali, dei processi negli ecosistemi, dell’assemblaggio delle comunità. Era vero allora come oggi: Sidney Holt ha contribuito a farci capire, semplificandolo ma non svilendolo, il nesso tra i tanti nodi della ragnatela di vita che ci sostiene tutti.
Sidney ha sicuramente esercitato un grande fascino su chiunque si sia avvicinato a Greenpeace in Italia negli anni Ottanta, con i suoi modi posati e sicuri, la sua barba bianca, i suoi occhi indagatori e… il suo brioso italiano. Sidney si era trasferito in Italia ed era poi stato raggiunto da David McTaggart, l’allora leader mondiale della nostra organizzazione: entrambi si erano stabiliti a Paciano, nel bellissimo territorio al confine fra Umbria e Toscana.
Si potrebbe dire che i due si completassero in qualche modo a vicenda, come persone e come anime di Greenpeace: tanto l’uno impersonava il rigore del metodo scientifico e l’autorevolezza (Sidney) quanto l’altro l’estro e la creatività (David). Chi ha avuto la fortuna di assistere alle loro discussioni, al loro costante confronto, ha potuto interiorizzare quanto la diversità sia un’immensa ricchezza.
Sidney ha accompagnato l’esordio della piccola Greenpeace Italia come socio fondatore, mentore e fonte di ispirazione per molti della prima generazione di Greenpeace. La sua conoscenza del mondo accademico e politico internazionale era impressionante; era in grado di districarsi con la stessa facilità fra le analisi sulle risorse di pesca mondiali come all’interno delle trattative segrete della Commissione Baleniera Internazionale.
E che dire della sua forza, astuzia e determinazione nel gestire, insieme naturalmente al suo grande amico David, il primo board e la prima assemblea dei soci dell’associazione? Roma, anche grazie a lui, è stata per anni il punto di incontro e di discussioni di Greenpeace a livello mondiale. Sidney amava la campagna, le dolci colline e gli uliveti, luoghi in cui ha vissuto per molti anni. Cercò persino di convincere Greenpeace International a trasferire la sua sede in quel paradiso, riuscendo comunque a infondere in molti questa passione. E cosi, a poco a poco, tra Umbria e Toscana, si è creata negli anni una piccola comunità internazionale, ambientalista e pacifista, che ha contagiato la comunità locale e che siamo certi continuerà a conservare la memoria – insieme a tutti noi di Greenpeace – di una persona così speciale, il più grande difensore delle Balene.