«Dal Consiglio regionale dell’Umbria arriva un chiaro messaggio politico: stop PFAS. La Regione si è infatti unita alle nostre richieste, e a quelle di altre decine di organizzazioni, per chiedere di vietare l’uso e la produzione di queste sostanze pericolose. Che cosa aspettano le altre Regioni come il Piemonte, la Toscana e la Lombardia, in cui si registrano importanti casi di contaminazione, a unirsi a questo appello della società civile?», così Giuseppe Ungherese, responsabile campagna inquinamento di Greenpeace Italia, commenta la decisione del consesso umbro. L’Umbria è la seconda Regione italiana, dopo il Veneto, ad aderire con una mozione al Manifesto Ban PFAS scritto da Greenpeace Italia, ISDE, Pfas.land e numerose altre organizzazioni per chiedere al governo Meloni l’urgente messa al bando dei PFAS (sostanze poli e per-fluoroalchiliche)
«Speriamo che il messaggio che arriva oggi dall’Umbria venga recepito dal nostro governo. Serve subito una legge nazionale che vieti l’uso e la produzione dei PFAS. Nessuno deve essere esposto a questi pericolosi inquinanti», conclude Ungherese.
Tra settembre e ottobre 2024 Greenpeace Italia ha raccolto campioni in 235 città di tutte le Regioni e le province autonome, nell’ambito della sua campagna nazionale “Acque senza veleni”. Dalle analisi indipendenti effettuate presso un laboratorio certificato, è emerso che i PFAS sono presenti nel 79% dei campioni di acqua potabile analizzati. Le molecole più diffuse sono risultate, nell’ordine, il cancerogeno PFOA (nel 47% dei campioni), seguito dal composto a catena ultracorta TFA (in 104 campioni, il 40% del totale, presente in maggiori quantità in tutti quei campioni in cui è stato rilevato) e dal possibile cancerogeno PFOS (in 58 campioni, il 22% del totale).
Ancora oggi non esiste nel nostro Paese una legge che vieti l’uso e la produzione dei PFAS. Azzerare questa contaminazione è invece un imperativo non più rinviabile. Come evidenziano studi recenti, infatti, anche concentrazioni estremamente basse di alcuni PFAS, dell’ordine di pochi nanogrammi per litro, possono essere considerate pericolose per la salute umana. A titolo di esempio basta considerare i limiti più severi stabiliti negli Stati Uniti o in Danimarca per tutelare la salute umana.