Non c’è troppo da girarci intorno: la guerra in corso in Ucraina sta facendo sentire i suoi effetti drammatici anche su chi abita a migliaia di chilometri a distanza. L’impennata dei prezzi dell’energia e del carburante colpisce tutti, dai cittadini alle imprese, e per questo motivo i governi di tutta Europa hanno iniziato a intraprendere provvedimenti ad hoc.

traffic jam in a city street road, Rome, Italy

La Russia fornisce il 27% del petrolio importato dall’Europa, e quasi il 70% del petrolio consumato nel Vecchio continente è impiegato nel settore dei trasporti, per alimentare auto, camion e aerei. È chiaro quindi come l’impatto della guerra sul prezzo alla pompa di benzina sia altissimo e che qualcosa deve essere fatta da subito per contenere i danni. Ma il governo italiano ha imboccato la strada giusta per risolvere il problema? A nostro avviso no.

I tagli ai prezzi dei carburanti e le riduzioni delle accise su benzina e diesel, come avvenuto in Italia, potrebbero sembrare misure sensate, ma a un esame più attento ci stanno spingendo ancora di più nella dipendenza dai combustibili fossili da cui deriva l’attuale situazione. Oltre ad avere un impatto devastante sulla crisi climatica, queste misure generano degli effetti sbilanciati all’interno della società, perché non tengono conto del reddito e perché banalmente le fasce più ricche della popolazione consumano molta più benzina di quanto non facciano quelle più povere.

Un recente studio di Transport & Environment mostra ad esempio che in Italia a beneficiare del taglio sui carburanti saranno gli automobilisti più ricchi in misura in media 6 volte più grande di quelli più poveri. Molto più utili, nell’immediato, sarebbero invece interventi mirati – soprattutto a sostegno delle famiglie più colpite – sotto forma di pagamenti diretti o di sussidi per alternative di trasporto pubblico, per attutire l’impatto del caro carburante sulle persone più vulnerabili che dipendono dall’automobile per i propri spostamenti.

Al tempo stesso, oltre agli interventi immediati per contenere la crisi dei prezzi indirizzati verso chi ne ha più bisogno, il governo Draghi deve introdurre misure per ridurre a monte il nostro consumo di petrolio, favorendo alternative di mobilità sostenibile, equa e accessibile per tutti. E deve tassare le compagnie energetiche che stanno facendo enormi profitti con l’aumento dei prezzi del petrolio, investendo poi le entrate fiscali ricavate per:

  • potenziare il sistema ferroviario,
  • migliorare il trasporto pubblico,
  • spostare il trasporto merci su rotaia,
  • elettrificare i trasporti,
  • rendere le nostre città vivibili e percorribili senza l’automobile.
Greenpeace Italy volunteers send a message in Rome and Milan to local governments and mayors to restart city life after the coronavirus (COVID-19) lockdown with sustainable mobility

Esiste infine una serie di interventi che possono essere fatti per ridurre da subito la dipendenza dell’Italia e dell’Europa dal petrolio, non solo quello russo. Ridurre i limiti di velocità in autostrada, favorire lo smart working e vietare i voli aerei a corto raggio quando esiste già una valida alternativa in treno sono solo tre delle tante misure che potrebbero essere realizzate in poco tempo e portare dei benefici immediati. Misure che potrebbero essere accompagnate da quello che le singole persone possono fare per svincolare la mobilità dal petrolio, come scegliere la bicicletta o il trasporto pubblico, o ottimizzare i propri spostamenti per non consumare carburante inutilmente.