Mentre l’industria del fast fashion continua a immettere vestiti sul mercato a una velocità impressionante, c’è chi sta cominciando a rendersi conto che forse è arrivato il momento di promuovere pratiche più sostenibili per il nostro pianeta. 

La Francia è pronta a fare il suo. L’Assemblea nazionale ha approvato una proposta di legge presentata a fine febbraio dalla parlamentare Anne-Cécile Violland, con l’obiettivo di imporre un sovrapprezzo ai marchi di fast fashion che venderanno nel Paese i loro capi. Il senso dell’iniziativa è semplice: alleggerire la pressione del fast fashion sull’ambiente e proteggere il settore tessile nazionale dai grandi gruppi stranieri (citofonare Shein).

Il sovrapprezzo iniziale sarà di 5 euro per tutti i capi prodotti dai marchi fast fashion e potrà arrivare fino a 10 euro per un singolo capo di abbigliamento entro il 2030.

Un uomo in piedi su una distesa di rifiuti tessili nella discarica di Dandora, in Kenya
Rifiuti tessili e plastica nella discarica di Dandora a Nairobi

La proposta di legge contro il fast fashion: i dettagli

Sono tre gli articoli che compongono la proposta di legge (che deve ancora essere approvata dal Senato per diventare effettiva).

  1. Ogni e-commerce, accanto al prezzo dei prodotti, dovrà inserire informazioni sul loro impatto ambientale e messaggi che incoraggino il riuso e la riparazione così da limitare le pratiche “usa e getta” tipiche del fast fashion
  2. Il secondo articolo introduce la tassa vera e propria che si basa sul principio dell’EPR, cioè la responsabilità estesa del produttore: significa che il produttore deve assumersi la responsabilità di gestire tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto – dalla sua produzione al suo smaltimento – secondo le norme stabilite. La tassa da aggiungere al prezzo base del capo dipenderà quindi anche dal suo impatto ambientale e dalla stima delle emissioni di carbonio connesse al suo ciclo di vita
  3. L’ultimo articolo limita la pubblicità relativa ad articoli di fast fashion e ultra fast fashion. Uno dei marchi citati esplicitamente nella proposta di legge è Shein, uno dei più inquinanti del settore, i cui prodotti sono stati anche al centro della nostra indagine che ha rilevato nei vestiti la presenza di sostanze chimiche pericolose superiori ai livelli consentiti dalle leggi europee. Secondo il testo di legge, Shein produce circa 7200 nuovi modelli al giorno e mette a disposizione dei consumatori più di 470 mila prodotti (per rendere l’idea, si tratta di numeri 900 volte superiori a quelli di un rivenditore tradizionale francese)

Da notare inoltre che, in base alla proposta di legge, tutti gli introiti che verranno generati dalle sanzioni saranno usati per gestire la raccolta, lo smistamento e il trattamento dei rifiuti tessili, ma anche per erogare dei bonus alle aziende che sceglieranno di produrre i capi partendo da principi di circolarità e di finanziare campagne pubbliche sull’impatto ambientale del fast fashion.

Animali vagano su una distesa di rifiuti tessili nella discarica di Dandora a Nairobi, Kenya
Discarica tessile di Dandora a Nairobi

Cosa aspettiamo a mettere un freno al fast fashion anche in Italia? 

L’avvento del fast fashion ha reso l’industria della moda un sistema sempre più vorace che immette nel mercato una quantità impressionante di prodotti di scarsa qualità, venduti a prezzi stracciati e difficilmente riciclabili. Le conseguenze sono note: una spirale infinita di sovrapproduzione e acquisto compulsivo che ha reso il settore del fast fashion uno dei più inquinanti al mondo.

Regolamentare questo mercato fuori controllo è fondamentale per la protezione dell’ambiente e per la tutela del settore tessile nazionale, ormai sempre più braccato dai colossi della moda a basso costo. Senza contare lo sfruttamento disumano di chi produce materialmente questi capi venduti a prezzi irrisori: è chiaro infatti che se il prodotto finale è economico per i consumatori, sono i lavoratori che lo realizzano a pagarne il vero costo.

L’Italia non può più limitarsi a osservare le conseguenze ambientali, sociali ed economiche del fast fashion come se non ci riguardassero. Insieme possiamo e dobbiamo chiedere al nostro governo di trasformare l’industria della moda in una forza positiva per il pianeta e per le persone.

Stop fast fashion!

Aiutaci a trasformare il settore della moda in un sistema a misura di pianeta.